Bocconomics: soluzioni semplici o semplicistiche?

Bisogna ammettere che ai rettori della Bocconi non manca il dono della sintesi. Tabellini, in un editoriale sul Sole24Ore di venerdì, risolve in 5 righe il problema della crescita in Europa, battendo il record dell’attuale rettore a cui erano servite solo poche righe in più (se non ricordo male due pagine più una tabella) per quantificare il valore di Banca d’Italia.

La soluzione che Tabellini propone per l’Europa è, come dice lui stesso, tecnicamente semplicissima: una riduzione delle tasse del 5% in tutta Europa, finanziata in deficit, con la ECB che monetizza. Non è proprio quello che hanno fatto in Giappone, dove invece hanno usato la spinta monetaria per aumentare l’IVA, ma ci assomiglia moltissimo.

Ma questa Abenomics in salsa Bocconi funzionerebbe? Direi proprio di no, anzi potrebbe essere sancire la fine dell’euro, cosa che d’altro canto a Tabellini non dispiacerebbe. Dico questo perchè l’Europa non è neanche lontanamente paragonabile al Giappone dove l’Abenomics è in pieno svolgimento. Le istituzioni europee sono immature e il collante che lega insieme i popoli e le culture europee non è omogeneo nemmeno all’interno dei confini delle singole nazioni che compongono l’Europa. Se il debito dovesse esplodere (possibilità concretissima se aggiungiamo un altro 5% all’anno al 3-5% che a malapena gli stati europei sono in grado di conseguire oggi) e l’euro perdere realmente valore, non ci sarebbe alcun Imperatore a garantire l’intervento del contribuente tedesco a supporto di quello italiano.

Ma non è solo questo il problema. La diagnosi di Tabellini è superficiale. Ci sono due “aree” in Europa. Una cresce più degli USA e l’altra è in una depressione che non ha nulla a che vedere con quella che ha attraversato il Giappone negli ultimi 20 anni. La media europea può assomigliare al Giappone, ma è una media trilussiana.

Il fatto poi che in Europa la crisi sia da “domanda” è una banalità. Tutte le crisi ad un certo punto sono crisi da domanda, se la mancanza di competitività di un sistema economico si traduce in chiusura di aziende, ergo in disoccupati, ergo in maggiori debiti, ergo …. in carenza di domanda. Ma curare problemi strutturali con gli 80 euro o una bella riduzione delle tasse non risolve nulla, anzi aggrava.

E’ un pò l’approccio semplicistico delle quote “rosa” nei cda o nel governo per risolvere il problema della bassa partecipazione alla forza lavoro delle donne. Al posto di mettere la Marcegaglia alla Presidenza dell’ENI o buttare via i soldi con gli 80 euro, Tabellini dovrebbe consigliare al governo di rafforzare gli asili nido, le scuole materne, le scuole elementari, estendendone gli orari, assumendo nuovi insegnanti ed ampliando la gamma d’offerta dei servizi all’interno delle scuole. Un progetto di queste dimensioni costerebbe quanto la manovra degli 80 euro. Tra buttare via i soldi per comprare cellulari sudcoreani o pagare lo stipendio a nuove insegnanti, non avremmo molti dubbi.

Questi sono gli interventi strutturali, tutto il resto è propaganda o cattiva macroeconomia.

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