Caro Sig. Marchionne, per favore non ci prenda per i fondelli. E’ stato bravo. E’ un eroe della Finanza. Però, nell’intervista rilasciata a Repubblica venerdì Lei ha fatto alcune dichiarazioni che sono semplicemente irritanti agli occhi di un cittadino/contribuente italiano.
Quando afferma che un’operazione come il salvataggio della Chrysler non sarebbe stata possibile in Italia, Lei ha perfettamente ragione. In Italia, lo Stato avrebbe dovuto salvare la Fiat come ha fatto Obama con la Chrysler, cioè azzerando gli azionisti e cedendola a qualche colosso tedesco o giapponese. Invece, gli stupidi italiani hanno prima finanziato lo spostamento degli impianti produttivi al Sud, poi sono intervenuti con le campagne di rottamazione, poi a più riprese con la Cassa Integrazione, poi favorendo operazioni di ristrutturazione del debito cd di “sistema”. Se invece di buttare via i soldi in questa maniera per salvaguardare la “italianità” dell’azienda, lo Stato avesse fatto come Obama e si fosse preoccupato di salvaguardare la italianità della produzione, a quest’ora magari saremmo come la Spagna e i nostri operai e impiegati si starebbero guadagnando lo stipendio, pagati da Volkswagen o da Toyota e non da noi contribuenti.
La seconda bugia è quando dice che Obama ha ceduto la Chrysler solo a Lei e dalla FIAT non ha preteso nulla. Per quanto il Suo stipendio sia elevato e il Suo valore indubbio, sfiora il ridicolo anche solo pensare che United States of America facciano un patto con Mr Marchionne Sergio e magari concludano il patto con sputo e stretta di mano. Lei ha invece perfettamente ragione quando dice che non si è trattato di una conquista. E’ vero che da oggi “il ragazzo americano che lavora in Chrysler quando vede una Ferrari per strada può dire: è nostra”.
Stia tranquillo Sig. Marchionne, nessuno ha pensato che fosse un pazzo. Il disegno era chiaro fin dall’inizio. Ma per favore ancora una volta non offenda la nostra intelligenza quando nega che nell’acquisto di Chrysler ci fosse una richiesta di protezione dell’occupazione e della produzione americana: “neanche per sogno, sarebbe una cosa tipicamente italiana, che là non è venuta in mente a nessuno”. A parte le precise milestone industriali che il governo americano Le ha imposto di raggiungere per ottenere la cessione di ulteriori pacchetti azionari, a parte il fatto che il suo azionista era il sindacato americano, ma vuole farci credere che i politici americani siano come quelli italiani? Che si fidino semplicemente della sua parola o dei suoi piani? La perla da bar-sport della Sua Intervista è quella del “mai più motori FIAT per l’Alfa Romeo”! Certo che sarà così: se il marchio FIAT, come da Sue parole, scompare, fatto salvo per 500 e Panda, dove li montate i motori FIAT del segmento B e C, se non sull’Alfa Romeo?
E stendiamo un velo pietoso sull’affermazione che, se i piani si realizzano, l’Italia ritorna a piena capacità produttiva. Se è con Maserati, Alfa, 500 e Panda che dovremmo recuperare il milione e quattrocentomila unità di produzione teorica che qualcuno stima, vuol dire che o il giornalista non ha nulla o Lei si è espresso male o forse ha ragione chi dice che oggigiorno i sindacalisti di Fiat conoscono meglio di Lei la realtà industriale del Gruppo.
Comunque, a parte le prese per i fondelli che forse noi italiani un po’ ci meritiamo, l’unico modo per ritornare al livello produttivo di una volta è quello di internazionalizzare l’Italia come Lei ha internazionalizzato la FIA… ovvero invitare per davvero i gruppi stranieri a produrre in Italia. Abbiamo i migliori operai del mondo, ottimi ingegneri e designer creativi, il tutto ad un costo (compresi i contributi sociali) ragionevole. Basta solo la volontà politica. D’altro canto, Lei ce lo ha già fatto intendere chiaramente che la sede si sposta negli USA e, quindi, se un Gruppo americano produce in Italia, perché non può farlo un coreano o un tedesco?