CON FATTURA O SENZA?

Quante volte ci è capitato di trovarci di fronte al dentista, imbianchino, barbiere, ristoratore, avvocato, panettiere (..) di turno che ci poneva questa domanda? Noi titubanti tra lo ”scontrino” e lo “sconticino in qualche caso abbiamo chiuso la transazione con una stretta di mano e una strizzatina d’occhio.

In Italia il problema dell’evasione pesa come un macigno sulle casse dello Stato; tra IVA e IRAP mancherebbero circa 46,5 miliardi di euro all’anno quindi non stiam parlando di bruscoline.
Ci aveva provato il Governo Monti con gli spettacolari blitz della Guardia di Finanza in giro per l’Italia e dotando l’Agenzia delle Entrate di nuovi strumenti informatici per la lotta all’evasione. Ma la politica del contrasto e della sensibilizzazione (“a mettere le mani nelle tasche degli italiani sono gli evasori .. ”) non ha sortito grossi cambiamenti. Che sia il caso di cambiare strategia?

L’idea potrebbe essere quella di indurre un contrasto d’interessi tra consumatori e produttori, in modo da incentivare i primi a richiedere il rilascio della fattura o dello scontrino. Ad esempio, si può consentire in sede di dichiarazione dei redditi la deducibilità parziale di quanto speso, se opportunamente documentato. E’ una pratica che è stata sperimentata anche in Italia limitatamente ad alcune politiche specifiche d’incentivazione, come le ristrutturazioni edilizie.

Un’altra strada, più innovativa ma anche un po’ più controversa, è quella seguita da due economisti, Marco Fabbri e Sigrid Helmes quando hanno scritto “Combating VAT and sales tax evasion with lottery tickets: involving customers” (http://papers.ssrn.com/sol3/cf_dev/AbsByAuth.cfm?per_id=1961717)

Se la politica punitiva sui “produttori” non sortisce gli effetti sperati, perché non cambiare strategia coinvolgendo i “consumatori”? In tal senso, i due studiosi analizzano, dal punto di vista economico e sociale, gli effetti dell’introduzione di una lotteria abbinata al rilascio degli scontrini.
Il caso è piuttosto semplice: caro il mio imbianchino, rilasciami pure lo scontrino (e tieniti lo sconticino) dato che con quello posso partecipare ad una lotteria indetta dall’Agenzia delle Entrate. Prendo il codice scritto sullo scontrino, mi collego al sito e se son fortunato vinco un bel premio in denaro o in beni fisici (ad esempio, un’automobile, come in Slovacchia).
Pura fantasia direte voi? No, questo esperimento è già stato realizzato in diversi paesi (oltre alla Slovakia Taiwan, Filippine, Malesia, Brasile) in generale con buoni risultati.
Rispetto alla deducibilità parziale delle spese dalla dichiarazione dei redditi, la proposta Fabbri-Helmes può presentare un vantaggio economico per lo Stato. La deducibilità comporta meno entrate per l’Erario (che da un lato recupera quanto evaso, dall’altro perde su quanto viene dedotto). La “lotteria”, sfruttando l’ignoranza probabilistica delle persone, potrebbe dare la percezione di una convenienza molto maggiore di quanto si realizzi effettivamente e, quindi, tradursi in un risparmio di risorse per lo Stato rispetto alla deducibilità.

A questo punto, si apre un mondo di obiezioni e discussioni. Ne menzioniamo solo alcune, lasciando poi a voi lettori decidere se condividere con noi il vostro pensiero, commentando il post.
La prima è che l’ignoranza statistica deve riuscire a persistere nonostante il gioco venga ripetuto in continuazione (quanti scontrini facciamo in un giorno?). Questo accade nei giocatori patologici, ma i giochi d’azzardo hanno delle “liturgie” ben codificate per indurre alla dipendenza. E se per caso il ”gioco dello scontrino” dovesse indurre una percentuale anche piccola della popolazione a spostarsi su altre tipologie di gioco e sviluppare forme compulsive, i costi per la comunità sarebbero ben maggiori dei vantaggi ottenuti con il contrasto all’evasione. Per onestà, bisogna aggiungere che una contro-obiezione all’argomento “morale” è che il “gioco dello scontrino” potrebbe in realtà soddisfare la domanda di gioco e sostituire altre forme di gioco d’azzardo più pericolose. Per lo Stato questo vorrebbe dire perdere introiti dai giochi tradizionali, ma guadagnare in costi per la cura dei ludopati e del danno sociale causato.
Un altro filone di obiezioni può riguardare l’applicabilità pratica e l’efficacia di questa proposta. Bisognerebbe ad esempio commisurare la probabilità di vincita all’ammontare “giocato”. E poi, partecipano al gioco anche gli scontrini del caffè o solo le fatture di un certo ammontare?
Insomma, argomenti a favore contro. Di sicuro è una proposta che esce dagli ambiti accademici ed entra nel quotidiano. Voi come la pensate?

Nota: Marco Fabbri fa parte di quella schiera di connazionali che vive e lavora all’estero e alla cui esperienza l’Italia dovrebbe attingere. Il suo articolo è stato ripreso anche dallo Spiegel

Share Button

Rispondi