Le premesse erano da cineforum con proiezione della corazzata Potempkin. Convegno al venerdì sera su Politica Monetaria, argomento sicuramente poco sexy, ma la curiosità’ di ascoltare un economista di livello come il belga Paul De Grauwe (citato più’ volte nel blog di Krugman, autore di manuali su cui in tanti hanno studiato) ha prevalso.
Con una semplicità disarmante (per un economista) ha spiegato per quale motivo si è arrivati alla crisi dell’Eurozona. Colpa innanzitutto di un sistema monetario zoppo, che non consente alla BCE di stampare moneta per finanziare i deficit pubblici (da statuto deve solo garantire la stabilità dei prezzi, non preoccuparsi come invece fa la FED anche di crescita e occupazione).
Dato che neanche gli stati membri della UE possono farlo, nel momento in cui il debito di uno di questi viene preso di mira non esiste l’opzione “metterci una pezza stampando moneta”, lasciando quindi chi è in difficoltà in balia dei mercati.
Attenzione pero': la possibilità di stampare moneta non significa automaticamente che uno Stato non fallisca, ma semplicemente che non può esser “forzato” al fallimento da una spirale di sfiducia sui mercati che, aumentando a dismisura la spesa per interessi, renda di fatto vano qualsiasi tentativo di consolidamento fiscale.
In questo sistema zoppo, l’unica alternativa per poter uscire dalla crisi era quella dell’austerità. Ma DeGrauwe ha mostrato come lo spread si sia agganciato all’entità delle misure restrittive, ossia quanto più’ si tirava la cinghia, tanto più paradossalmente il mercato scommetteva sul fallimento dello Stato in difficoltà. E chi ha imposto queste misure? Ecco qui il primo velato atto di accusa alla rigidità tedesca.
Atto che diventa più’ diretto quando si passa a descrivere cosa la BCE ha fatto per evitare il peggio. Nella sostanza, la BCE ha semplicemente detto che “avrebbe fatto qualsiasi cosa” per scongiurare il collasso dell’Euro. Dal punto di vista operativo ha acquistato titoli di Stato sul mercato secondario. Il peggio è stato evitato. Ma ecco che i tedeschi hanno iniziato a storcere il naso. Tirando fuori due obiezioni.
La prima è che in questo modo, di fatto, era il contribuente tedesco a finanziare la cicala spagnola o italiana. Questo non è vero, dato che nel momento in cui la BCE compra ad esempio un titolo di Stato spagnolo, la cedola (ricca) viene contabilmente ripartita tra i diversi membri in proporzione alla loro quota in BCE (18% Germania e 8% Spagna), risultando alla fine un guadagno (e non una perdita) per herr Shultz.
La seconda è l’azzardo morale, che tradotto significa: “se ogni volta che la fai fuori dalla tazza non ti punisco in modo esemplare, continuerai a farla fuori”. Su questo tema l’esempio portato è abbastanza chiaro. Vedete una casa che prende fuoco, cosa fate? Chiamate i pompieri oppure aspettate che bruci per dare una lezione esemplare al proprietario che magari aveva lasciato il gas aperto? In certe situazioni forse meglio lasciar stare la frusta, quella la si può usare anche in un secondo momento.
E quindi, la BCE ha agito bene? La risposta di DeGrauwe è che la BCE ha fatto il minimo sindacale ma può fare ancora molto. L’inflazione non è un problema e quindi i margini per aumentare la liquidità sul mercato ci sono (attenzione pero’ aggiungiamo noi a evitare cortocircuiti e la formazione di bolle).
De Grauwe spiazza diversi presenti quando dice che la BCE dovrebbe scavalcare le banche nel momento in cui queste non dovessero far confluire la liquidità sul mercato. Come? Attraverso ad esempio il supporto diretto alle piccole e medie imprese. Se poi una banca è insolvente, per evitare crisi sistemiche, non andrebbe ricapitalizzata ma nazionalizzata (annullando quindi il valore degli azionisti e preservando i bondholders).
Diciamo pure che qualche banchiere tedesco presente in sala non ha digerito il cioccolatino belga…