Non bisogna essere degli economisti per sapere che il nostro futuro dipende sempre di più dalle scelte dei banchieri centrali. Sarà che i bilanci pubblici sono un po’ ovunque al collasso, sarà per l’incapacità dei politici (non solo italiani … basti guardare allo spettacolo offerto da Washington in ottobre), sta di fatto che l’unica arma che è rimasta per affrontare la crisi è la politica monetaria. E purtroppo, per decifrare gli “arcana” della politica monetaria, bisogna invece essere economisti, perché le quantità e i luoghi su cui le banche centrali agiscono non fanno parte della sfera della quotidianità, fatto salvo per i tassi d’interesse che però sono solo uno degli strumenti a loro disposizione.
Di estremo rilievo, è quindi l’avvicendamento alla guida della FED, la banca centrale americana. Bernanke passerà il testimone a Janet Yellen, che, detto per inciso e salvo incidenti di percorso, diventerà la prima donna nella storia degli USA e, a quanto ci risulta, del mondo sviluppato ad occupare il posto più tecnocratico che esista. Ma più che il genere, quello che interessa ai mercati è che cosa intende fare la Yellen una volta che Bernanke uscirà definitivamente di scena. A maggio scorso, quando la FED lasciò intendere che a breve avrebbe iniziato il “tapering”, cioè a pompare meno liquidità nel sistema (adesso sta acquistando obbligazioni ogni mese per l’equivalente di 1 anno di deficit pubblico italiano), crollarono i mercati emergenti, le valute si inabissarono e anche i nostri BTP subirono una sonora legnata. Non dimentichiamo che 0,1% di interessi in più sul debito, per noi italiani vogliono dire 2 mld di euro in più di tasse. Se i tassi dovessero salire di 0,5% (il che in prospettiva storica non è nulla, visto che oggi in America e in Europa siamo ai minimi degli ultimi 200 anni), potremmo dire addio a tutti i progetti di riduzione del cuneo fiscale, abolizione IMU prima casa, … Quando a settembre, invece, la FED sorprese tutti, rimandando l’inizio del tapering, si scatenò un rialzo dei mercati che sta ancora perdurando.
Cosa pensa di fare la Yellen? La Yellen è notoriamente una “colomba”, cioè, dovendo scegliere tra lavoro e inflazione, preferisce favorire il lavoro, anche a costo di rischiare un po’ di inflazione in più. Sembrerebbe, infatti, che dietro la decisione di settembre ci fosse il suo zampino, visto che Summers aveva rinunciato alla corsa per il posto di Bernanke. Ora, messo giù così, quello tra occupazione e inflazione sembra un trade-off banale: nemmeno gli uber-falchi della Bundesbank sarebbero così ottusi da non preferire la piena occupazione se il costo da pagare fosse solo qualche decimale di inflazione in più. Il problema è che una volta che l’inflazione parte, diventa difficilissimo fermarla. E quando parte l’inflazione gli effetti sulla coesione sociale possono essere drammatici. Ma, prima ancora dell’inflazione, una politica monetaria troppo accomodante potrebbe innescare una grandiosa bolla speculativa. E i segnali non è che manchino: basta guardare alle quotazioni di Twitter per capire che c’è un ottimismo un po’ troppo artificiale sulle Borse. E sappiamo che le bolle speculative quando scoppiano possono poi portare anche loro a conseguenze catastrofiche. Se i bilanci pubblici sono “esausti”, come lo sono oggi, una nuova crisi finanziaria potrebbe risultare fatale non solo per l’Italia e qualche altro paese periferico.
Giovedì ci sarà l’audizione della Yellen al Congresso, l’ultima prima del suo incoronamento ufficiale. La Yellen dovrà cercare di rassicurare i Repubblicani, e non solo loro, che pur in presenza di una politica monetaria necessariamente ultra-espansiva, i rischi di un denaro troppo facile non sono sottovalutati. Oggi, le banche centrali e la FED vivono ancora sulla credibilità che si sono conquistate sul campo, sconfiggendo il demone dell’inflazione qualche decennio fa. Abbiamo visto il vulnus che è stato inferto alla credibilità delle istituzioni finanziarie da Greenspan e dalla sua incomprensionei della bolla immobiliare negli anni 2000. Seguiremo insieme l’audizione e il dibattito che ne seguirà.
PS in un post un po’ più tecnico vedremo cosa si muove dietro le quinte della tecnocrazia FED