IL “BOND” SOTTO LA LENTE DELLA SEC

E’ di questi giorni la notizia riportata dal Wall Street Journal e ripresa da Bloomberg che la SEC sta conducendo un’indagine su un ETF (sigla BOND) gestito da PIMCO (vedi qui). Stando alle fonti giornalistiche americane, la SEC vuole verificare se PIMCO non abbia gonfiato contabilmente le performance dell’ETF: “The issues being probed by the SEC include whether the $3.6 billion exchange-traded fund bought investments at discounted prices while relying on higher valuations for the assets when the fund calculated the value of its holdings”. Ed in effetti le performance dell’ETF sono state spettacolari e superiori di gran lunga a quelle realizzate dal boss di PIMCO, Bill Gross, sui suoi normali fondi attivi: dal 2012 ad oggi l’ETF ha fatto il +16% e il fondo gestito da Gross il 9,1%.

Le indagini sono in corso e da quel poco che i giornalisti hanno riportato, sembrerebbe che la SEC stia verificando il modo in cui PIMCO valuta gli asset illiquidi che sono presenti nel fondo.
Come è noto, la liquidità di un titolo ha un valore e i titoli meno liquidi sono quelli più penalizzati, cioè hanno un prezzo più basso rispetto a quello che teoricamente dovrebbero avere se fossero appunto più liquidi.

Per fare un esempio, i BTP sono i titoli italiani più liquidi in assoluto (dopo T-Bond e Bund sono l’asset class più liquida al mondo). Eppure ne esistono alcuni che sono ancora più liquidi degli altri BTP perché sono stati emessi da poco o perché sono utilizzati come benchmark di mercato su alcuni nodi significativi della curva. La differenza di rendimento tra un BTP decennale appena emesso (e quindi benchmark) e un BTP che ha sempre 10 anni di vita residua, ma magari è stato emesso 20 anni fa (perché originariamente era un trentennale), può essere significativa e variare da 0,05% a 0,3% in condizioni normali di mercato. Questo in termini di prezzo vuol dire che il “vecchio” titolo vale da 0,35% al 2% in meno di quello che potrebbe valere se fosse liquido come il BTP decennale nuovo di zecca. Se poi dai BTP ci si sposta ai bond corporate o alle cartolarizzazioni lo sconto rispetto alle valutazioni teoriche ottenute con la curva “liquida” diventa ancora maggiore.

E’ possibile effettuare una correzione delle valutazioni per la “liquidità”? Si, è possibile ma per molte categorie di obbligazioni l’esercizio può essere assolutamente arbitrario. Sui titoli di Stato esiste un mercato ampio e spesso e quindi è possibile stimare il valore della liquidità. Sulle obbligazioni corporate, a parte qualche nome particolarmente presente sul mercato (per fare un esempio noto a tutti: ENEL), l’esercizio è puramente teorico non essendoci dati a sufficienza e spesso non essendoci nemmeno più un mercato attivo. Per questo motivo, le valutazioni teoriche sui titoli “vecchi” e illiquidi che si hanno in portafoglio vengono svolte in maniera sempre molto prudenziale e sottoponendole all’asseveramento da parte di esperti indipendenti se il loro valore dovesse incidere significativamente sullo stato patrimoniale.

Forse, i lettori avranno capito il dubbio della SEC. Il gestore del fondo può acquistare ad un prezzo stracciato un titolo illiquido, proprio perché è … illiquido. Il giorno dopo il middle-office deve calcolare il valore del portafoglio e, se il titolo non fa prezzo sul mercato (perché è illiquido), applica il modello teorico. Calibrare il modello teorico è cosa delicatissima, perché se si è troppo prudenziali, il valore quota scende e si danneggiano i vecchi sottoscrittori. Se si è troppo aggressivi, il valore quota sale e si gonfia la performance. Quindi, si danneggiano i nuovi sottoscrittori. La SEC vuole evidentemente verificare che le performance stellari dell’ETF di PIMCO non siano dovute a modelli di pricing troppo aggressivi.

Aspettiamo che la SEC faccia le proprie indagini e pubblichi i risultati. Ma, indipendentemente dall’esito, una considerazione va fatta. Cosa c’entra PIMCO, un gestore attivo, con gli ETF ? Gli ETF sono nati come strumenti “passivi”, gestiti da algoritmi per replicare un indice. Abbiamo già visto la fine (indegna) che hanno fatto alcuni tentativi di replicare le strategie di gestione degli hedge fund con modelli statistici, confezionati all’interno di UCITS o obbligazioni acquistabili dalla clientela retail. Per questo motivo negli UCITS europei la quota di titoli illiquidi è minima: non c’è nulla di più esplosivo (finanziariamente parlando) di riempire un veicolo d’investimento liquido come un fondo con strumenti finanziari illiquidi. L’inizio della Grande Crisi non è il 2008 (quando fallisce Lehman) ma il 2007, quando tre fondi monetari di BNP Paribas, imbottiti di ABS, non riescono più a fare NAV a causa della totale scomparsa del mercato.

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