E così, dopo Warren Buffet, dal mitico fondo CalPERS arriva un altro colpo alla gestione attiva e ai suoi costi, con l’annuncio della dismissione degli investimenti in hedge fund. CalPERS è il fondo pensione dei lavoratori pubblici della California, un gigante da 298 miliardi di US$ (per confronto il fondo pensione Cometa dei metalmeccanici italiani gestisce 8 mld di euro), all’avanguardia nelle tecniche di gestione. E’ di ieri la notizia che dismetteranno l’intera posizione (4 miliardi di US$) in hedge fund. Sì, proprio loro, la creme de la creme della gestione attiva.
Quale il motivo? Non è tanto per il rendimento assoluto, che è stato positivo nell’ultimo anno (+7,1%) ma decisamente inferiore a quello che uno stupido computer che gestisce un semplice ETF legato all’S&P500 avrebbe ottenuto (+ 32,29%). Ma è perché quel rendimento viene considerato eccessivo rispetto al costo di gestione di un hedge fund. La storiellina della decorrelazione, del rendimento positivo anche quando il mercato crolla …. evidentemente non convince più CalPERS, anche perché la crisi del 2007-2009 ne ha dimostrato la falsità. Ovviamente, ci sono sempre le eccezioni, ma le eccezioni sono appunto tali ed è difficilissimo individuarle ex-ante.
Rimangono quindi i numeri di performance e i costi sostenuti per ottenerli. L’anno scorso, tra commissione di gestione e overperformance fee, Calpers ha pagato il 3,7% ai paperoni di Wall Street, per ottenere un rendimento del 7% (meno di 1 / 4 di quello di un ETF il cui costo è nullo o quasi). Senza pensare al costo implicito nella illiquidità degli hedge fund. Per vendere la posizione hanno programmato di impiegare 12 mesi!
Chissà se e quando in Italia i risparmiatori (e i regulator) si accorgeranno che il costo della gestione è una variabile chiave per determinare la performance del proprio portafoglio. Rispetto ai costi, impliciti ed espliciti, che caricano alcune società di gestione italiane, i lupi di Wall Street appaiono degli agnellini.