IL PIU’ GROSSO ERRORE CHE L’EUROPA POSSA COMMETTERE


Il più grosso errore che l’Europa possa commettere è quello di costringere le banche (e le assicurazioni) a considerare i titoli di Stato domestici come attività a rischio e quindi imporre che i titoli presenti in portafoglio a scopo durevole “assorbano” capitale. Eppure un membro importante del Consiglio Direttivo della BCE, il Chief Economist Peter Praet, ha dichiarato che tale misura è allo studio in una intervista rilasciata stamane al Financial Times dal titolo emblematico : “ECB to get tough on sovereign bond risk” (prima pagina, edizione europea).

La giustificazione addotta da Praet è la seguente. Attualmente, i titoli di Stato dei paesi europei non assorbono capitale se una banca europea li acquista. Questo significa che se una banca prende a prestito denaro dai propri clienti (ad esempio, attraverso i c/correnti) o dalla BCE (attraverso le operazioni di rifinanziamento) può reinvestirlo in titoli di Stato senza alcuna “penalità” e lucrare la differenza tra le cedole percepite sui titoli e il tasso da pagare a clienti/BCE (il cosiddetto carry trade). Viceversa, se le banche reinvestissero in titoli di debito privato (prestiti alle aziende, obbligazioni corporate, credito al consumo, mutui, …), dovrebbero avere a disposizione una certa percentuale di capitale (tradizionalmente pari all’8% delle somme impiegate) per far fronte al rischio di default del prenditore. E’ evidente che a parità di altre condizioni per le banche è più conveniente investire in titoli di Stato. Quindi, per raggiungere il punto di pareggio le banche richiederanno ai prenditori privati uno spread rispetto al rendimento dei titoli di Stato. Si badi bene, non c’è nulla di ingiusto in tutto questo. Il capitale viene richiesto dalle autorità di vigilanza perché esiste un rischio di default, che invece sui titoli di Stato è assente. Il problema è che tutto questo valeva fino all’euro, fino a quando cioè per un paese con la propria moneta l’alternativa al default era sempre a portata di mano: inflazione e svalutazione. Purtroppo, con l’euro la possibilità di monetizzare il debito pubblico è venuta meno e la eventualità di un default “sovrano” è passata dall’empireo delle idee teoriche alla realtà drammatica della Grecia.

La tesi di Praet è quindi che i titoli di Stato non possono essere più considerati “risk-free” e il regime privilegiato di cui godono rispetto ai titoli corporate non è giustificato. Inoltre, questo comporta un vantaggio competitivo ingiusto del settore pubblico rispetto al settore privato nel mercato dei capitali. E il motivo per cui lo stimolo monetario somministrato dalla BCE non si trasmette all’economia reale è colpa di questo vantaggio competitivo di cui godono i titoli di Stato: le banche prendono i soldi dalla BCE e li investono in titoli di Stato.  “if sovereign bonds were treated according to the risk that they pose to banks’ capital … then lenders would be less likely to use central bank liquidity to buy yet more government debt.   The vicious cycle that has seen banks use central bank cash to buy government bonds has been partly blamed for prolonging the eurozone financial crisis.  If the health check were to choke off lending to eurozone households and businesses then the ECB would provide another round of cheap loans.”

Il ragionamento di Praet, pur partendo da premesse corrette, è sbagliato e incredibilmente pericoloso per il futuro stesso dell’euro. E’ vero infatti che un paese all’interno dell’euro può defaultare, come è successo alla Grecia, ed è vero che attualmente i titoli di Stato godono di un regime privilegiato che non riflette il vero rischio di credito di un emittente sovrano appartenente all’area dell’euro. Ma è assolutamente falso che il carry trade è dannoso per l’economia reale e che il massiccio acquisto di titoli di Stato da parte delle banche (italiane e spagnole) in seguito agli LTRO abbia prolungato la crisi finanziaria nell’eurozona. E’ vero esattamente il contrario. Praet non ricorda o fa finta di non ricordare il livello raggiunto dai rendimenti di BTP e Bonos nell’inverno del 2011, quando lo spread esplose. Se le banche (e le assicurazioni) domestiche non avessero comprato i titoli di Stato italiani e spagnoli grazie ai soldi prestati dalla BCE, l’Europa periferica sarebbe fallita e a quest’ora Praet sarebbe tornato a fare il banchiere centrale in Belgio. L’economia mondiale sarebbe probabilmente crollata nella peggiore crisi della storia moderna, di una magnitudo paragonabile a quella degli anni ’30. Altro che “prolonging the eurozone financial crisis“. Praet, inoltre, sembra non conoscere come funziona il mercato finanziario e la trasmissione della politica monetaria. I titoli di Stato sono necessariamente il punto di riferimento per il pricing di tutti gli strumenti finanziari all’interno di quello Stato. Come potrebbe essere diversamente? Ne deriva che se si riduce lo spread sui titoli di Stato allora si riduce lo spread pagato da tutti gli operatori economici all’interno del paese. Inoltre, la minore spesa per interessi consente di varare programmi di stimolo fiscale. Per un paese come l’Italia, con un debito pubblico al 133% del PIL, questa è la manovra più espansiva che si possa immaginare: con un ribasso dei tassi sui BTP di 0,2% si può finanziare l’abolizione dell’IMU prima casa.

Veniamo adesso alla parte più pericolosa del ragionamento di Praet. Nel pieno della crisi del 2011 e del 2012, il governo italiano correttamente consentì di sterlizzare l’impatto delle svalutazioni dei titoli di Stato sul patrimonio di banche e assicurazioni. Se non avesse fatto questo, alcuni istituti finanziari avrebbero dovuto procedere a svendite massicce di titoli di Stato come forma di “stop-loss” al fine di preservare il patrimonio. Ma queste svendite non avrebbero trovato compratori (perché tutti erano a conoscenza della necessità di vendere e nessun operatore privato sarebbe stato così pazzo da fare da cuscinetto) e il prezzo sarebbe crollato; questo a sua volta avrebbe messo in difficoltà altri istituti e li avrebbe costretti a vendere; il circolo vizioso sarebbe stato inarrestabile e sarebbe terminato con il default dell’intero sistema finanziario dell’Europa periferica e di buona parte di quello mondiale. Non c’era altro modo per fermare il circolo (a meno che la Germania non avesse accettato di farsi carico del debito pubblico italiano).

La lezione della crisi dell’eurozona è che i titoli di Stato devono essere considerati risk-free. Lasciando fallire la Grecia si è aperto un vaso di Pandora che solo Mario Draghi è riuscito a richiudere con il discorso di Londra di fine luglio 2012, quando dichiarò che la BCE avrebbe fatto “whatever it takes” per salvare l’euro. Ed il mercato immediatamente capì che la BCE, se necessario, era pronta ad intervenire e comprare tutti i titoli di Stato che gli operatori privati avessero voluto vendere, stabilizzando i prezzi. Questo fermò il panico e consentì di bloccare il circolo vizioso in cui si stavano avvitando i mercati finanziari. Ed alla fine la BCE non ha comprato nemmeno 1 euro di titoli. La mossa di politica monetaria più riuscita e più di successo di tutta la storia.

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Un pensiero su “IL PIU’ GROSSO ERRORE CHE L’EUROPA POSSA COMMETTERE

  1. Bella analisi! L’unica mia riserva è su come sarà implementata la penalizzazione sul capitale. Dovesse non esserci alcuna distinzione tra le charge tra i diversi Governativi area Euro la cosa potrebbe ottemperare alle esigenze di spingere le banche a maggiori prestiti senza rischiare di generare l’effetto moltiplicatore della crisi che hai ben descritto. Ma visto i precedenti Stress test che hanno penalizzato solo i periferici credo tu abbia ragione.

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