Alesina-Giavazzi, Quadrio Curzio sono solo gli ultimi di un plotoncino di economisti che, fulminati sulla via di Damasco dal nuovo corso politico, iniziano ad abbandonare l’ortodossia sassone, contemplando la possibilità di superare il limes del 3%. E che implicitamente incominciano ad addossare all’Europa le colpe della situazione italiana: il titolo dell’editoriale di Quadrio Curzio è emblematico “Quei vincoli di Bruxelles pagati dai giovani”. Che strana razza quella italiana. Solo una paio di anni fa io, loro e la maggioranza dei concittadini giudicavamo l’essere “teutonici” un punto di merito. Si sprecavano espressioni tipo “sono il premier più tedesco di sempre”; la giornalista finalmente poteva con orgoglio richiamare il proprio DNA austriaco; opinionisti tedeschi venivano applauditi in trasmissioni nazional-popolari! Siamo fatti così, facili agli innamoramenti, mutevoli nelle convinzioni. Quindi, non ho intenzione di giocarla sul valore morale del rispetto della parola data. Sarei perdente in partenza. Stiamo ai fatti e a ciò che ci conviene, con un ragionamento da bottegaio.
Partiamo dalla constatazione che Bruxelles non impone il rispetto pedissequo del 3%. In Europa c’è una nutrita pattuglia di paesi che sta sforando da anni tale limite e continuerà a sforarlo nel 2013 e nel 2014. Quello che Bruxelles pretende è che, se un piano di consolidamento fiscale viene concordato, allora deve essere rispettato o, perlomeno, il paese deve impegnarsi (quasi) al massimo per rispettarlo. E’ un approccio corretto? La risposta è ovviamente sì. Siamo una Comunità, abbiamo messo insieme la moneta e i mercati e questo ha integrato le ns economie. Se un paese europeo “fallisce”, le conseguenze le pagano tutti gli altri. Il debito pubblico italiano è schizzato al 133% del PIL perché abbiamo dovuto aiutare Grecia, Portogallo, Irlanda e parzialmente la Spagna. Se c’è un modo per spaccare l’Europa, questo è se ogni paese inizia a fare di testa sua, non rispettando più gli impegni presi a Bruxelles.
I piani concordati con Bruxelles sono inutilmente “severi”? La risposta è no. I piani di rientro per i paesi sotto programma sono così “morbidi” che il Fondo Monetario deve affrontare la ribellione dei paesi emergenti che non accettano il regime “permissivo” concesso …. alla Grecia! Immaginate con quale orrore a Berlino stiano osservando la premiata ditta Letta & Saccomanni pasticciare con l’IMU. Ma avete sentito qualche tecnocrate criticare il duo pasticcione? Quando Rehn ha affermato che l’Italia rischia di ri-bucare il 3% nel 2013, i media italiani non si sono chiesti quale uso stesse facendo il governo delle nostre tasse. Non si sono interrogati sul danno di immagine che questo governo sta creando all’Italia non rispettando impegni internazionali. Si è scatenato l’inferno mediatico contro il finlandese e la congiura sassone.
Sulla presunta “severità” di Bruxelles basti anche pensare al parametro del debito. La procedura per debito eccessivo dovrebbe colpire i paesi che non riducono il loro livello di debito verso il 60%. Sono così severi a Bruxelles che l’Italia, il cui debito cresce (non diminuisce) ininterrottamente da 7 anni, non è ancora considerata in violazione del criterio di debito eccessivo.
I livelli del 3% e del 60% sono arbitrari? Si, lo sono. E sono anche stati determinati 20 anni fa in una Europa che cresceva a ritmi che forse non ci sono più. Se l’economia non cresce più ai livelli di una volta e l’inflazione non aiuta più i debitori, aumenti temporanei del debito rischiano di diventare permanenti e quindi è necessario sfruttare tutte le occasioni che il contesto macro consente per ricostituire il prima possibile un margine di manovra da utilizzare quando le cose dovessero volgere al peggio. La storia insegna che il debito pubblico di un paese occidentale è sostenibile anche quando raggiunge livelli molto superiori rispetto al 60%. Non sappiamo dove si pone esattamente il limite della sostenibilità, bisogna ammetterlo. Ma è una di quelle cose che non vorremmo scoprire sulla nostra pelle, soprattutto in un contesto istituzionale strutturalmente fragile come quello europeo. Questo spiega perché in Europa i limiti di finanza pubblica vengono interpretati flessibilmente, ma allo stesso tempo c’è così tanta attenzione sui piani di rientro, sulle riforme strutturali, …
Se nella pratica sono interpretati flessibilmente, perché allora proprio noi italiani dobbiamo rispettarli questi benedetti patti? La risposta è che noi abbiamo il debito pubblico più elevato del mondo occidentale dopo quello greco e quello giapponese (che però al netto è più basso di quello italiano). Se la Federal Reserve dovesse aumentare i tassi d’interesse in maniera violenta (come ha sempre fatto in passato), dove va a finire la spesa per interessi sui titoli di Stato? Quale probabilità attribuiamo a questo evento? Non lo so, ma so che un risk-manager privato deve tutelare la propria azienda da eventi che hanno probabilità superiore allo 0,5% e che la probabilità che la FED rialzi i tassi nel 2015-2016 non è inferiore allo 0,5%. Quindi, un politico assennato deve far sì che il paese che governa si presenti agli appuntamenti difficili con tutte le munizioni asciutte. Alesina e Giavazzi propongono di abbassare le tasse nei prossimi due anni, senza abbassare le spese e quindi lasciando correre deficit e debito. La mia opinione è che, se buttiamo a mare l’opportunità ridurre deficit e debito che ci viene offerta dai tassi più bassi della storia del capitalismo moderno, alla prossima crisi rischiamo di defaultare per davvero.
Ma c’è un punto più importante, che Alesina e Giavazzi dovrebbero conoscere bene, ed è il valore della coerenza. In finanza, esiste la possibilità dei cosiddetti “sunspot default”. La probabilità di default dipende dalla spesa per interessi. Se non esiste un prestatore di ultima istanza, il tasso d’interesse viene determinato in base alle logiche di azione collettiva del mercato. Se il mercato si convince che un certo emittente non è solvente, i tassi d’interesse salgono e quindi sale la spesa per interessi. La maggiore spesa per interessi porta ad un aumento del debito e quindi anche coloro che pensavano diversamente si convincono che forse quell’emittente non è proprio solvente e nel dubbio anche loro iniziano a vendere e a chiedere tassi più alti. Cosa può fermare tale meccanismo (in assenza di un prestatore di ultima istanza)? Innanzitutto, bisogna stare sempre il più lontano possibile dalle zone critiche (e l’Italia al 133% è vicinissima a tale zona o perlomeno è molto lontana da quelle che tradizionalmente sono considerate zone più sicure). Poi, è necessaria la “credibilità” del paese e della sua classe politica. Perché il Giappone non è attaccato dalla speculazione? Quando ci vogliono 2 bombe atomiche per abbattere un paese, quando i debitori fanno “harakiri” se non pagano i loro debiti, quando i manager si scusano pubblicamente in caso di errore … Beh il caso dell’Italia è un po’ diverso.
Cosa pensereste di un Paese che prende un solenne impegno ad onorare i propri debiti e per rimarcare la propria determinazione il Parlamento vota addirittura una modifica alla Carta Costituzionale che prevede il principio del pareggio (strutturale) di bilancio? Probabilmente direste: questi sono proprio gente seria e decisa, ci si può fidare! E cosa pensereste se, dopo un annetto di sacrifici tutto sommato modesti (i dipendenti pubblici hanno avuto solo il blocco degli stipendi, niente a che vedere rispetto a misure “greche” o anche solo da “sequestration” americana), il Paese in questione si rimangia tutto e ri-modifica la Costituzione? Se foste suoi creditori, che credibilità dareste alle promesse di fare il bravo debitore se dovesse trovarsi di nuova in una situazione di difficoltà economica?
Ma parliamo da cittadini italiani e non da investitori internazionali. Non ci sono bastati 40 anni, di cui 20 nella fase finale della prima repubblica e 20 nella seconda repubblica, per capire che i nostri problemi non li risolviamo con la spesa pubblica? Quando negli anni ’00 abbiamo beneficiato della bonanza della riduzione dei tassi d’interesse abbiamo aumentato la spesa pubblica. E adesso dove ci troviamo? Abbiamo i dirigenti statali più pagati al mondo, una flotta di auto blu con cui abbiamo sostenuto le vendite di Audi e BMW, una delle pressioni fiscali più elevate in Europa, un debito pubblico a livelli da default e … il tasso di crescita dell’economia più basso del mondo (peggio di noi c’è solo Haiti). Lasciamo stare per rispetto Quadrio Curzio, ma Alesina e Giavazzi pensano davvero che la classe politica italiana abbia la credibilità necessaria per presentare in Europa un piano dove per due anni “sforiamo” e poi via con i sacrifici? Ma non hanno visto che casino è riuscito a combinare Saccomanni con una cosa così tecnicamente “stupida” come l’abolizione IMU prima casa?
La soluzione, lo sappiamo tutti, sta in interventi a costo zero: riforme istituzionali, semplificazione della burocrazia, protezione dei consumatori e dei risparmiatori, revisione del contratto dei dipendenti pubblici, revisione dell’organizzazione statale (Regioni, Province, …), contro-riforma universitaria, fine dei pasticci fiscali, … tutte cose note dagli anni ’80 e con cui la maggioranza degli italiani ha dolcemente convissuto. Dobbiamo solo ringraziare l’Europa e sperare che con il vincolo del 3% ci costringa a concentrarci sulle riforme, lasciando ai pazzarielli la libertà di fare quello che riesce loro meglio: ammuina!
bravo Marcello, come un libro stampato!
bravo Marcello !