IMU-BANCA D’ITALIA: UN’OPERAZIONE DA BANANA REPUBLIC

Rivalutare le quote Banca d’Italia, sancendo così la proprietà privata della nostra Banca Centrale per coprire la seconda rata dell’IMU 2013 è un’operazione da “Banana Republic”. Banca d’Italia appartiene ai cittadini italiani non agli azionisti. Il governo andrebbe accusato di vilipendio di patrimonio pubblico per quello che ha fatto.
Il valore di Banca d’Italia dipende dalla garanzia che noi contribuenti italiani estendiamo implicitamente nei suoi confronti. In qualunque operazione che Banca d’Italia faccia sul mercato, le controparti non vedono le banche azioniste ma i contribuenti italiani(e meno male, perchè se vedessero che Carige è uno dei maggiori azionisti …). E infatti Banca d’italia è un istituto di diritto pubblico che nel 1936 aveva assunto la forma societaria, con azionisti che allora erano anch’essi pubblici e poi con le successive privatizzazioni degli anni ’90 sono diventati “privati”. La ricchezza che Banca d’Italia ha accumulato in questi 80 anni di storia è solo ed esclusivamente dei contribuenti italiani, che le hanno permesso di operare.
Già negli anni ’90 si pose il problema di come sfilare Banca d’Italia ai privatizzandi. Tra l’altro, essendo ancora in mano pubblica, le banche privatizzande avevano una politica di bilancio molto conservativa e le quote Bankit erano ancora in carico ai prezzi di 60 anni prima. Quindi, sarebbe stato quasi banale risolvere la questione allora. Ma la lungimiranza, si sa, non è una virtù della classe dirigente italiana e il problema si trascinò fino al 2005, quando fu approvata la legge n. 262 che contempla un possibile trasferimento allo Stato della proprietà del capitale della Banca.
La legge n 262, giustamente, prevede la soluzione (in senso pubblico non privato) dell’azionariato di Bankit, che, ripetiamo, è un istituto di diritto pubblico.
Per far ritornare Banca d’Italia al pubblico, la soluzione è quella di liquidare ai soci il capitale sociale versato. Questa soluzione era possibile prima dell’approvazione del decreto IMU-Banca d’Italia, quando il valore contabile del capitale versato era ancora fermo ai valori del ’36. Adesso che è stato rivalutato a 7,5 mld, con lo stato delle nostre finanze pubbliche, l’operazione è quasi impossibile.
Qualcuno obietterà che non era possibile liquidare agli azionisti il valore contabile del 1933, perché alcune banche si sarebbero trovate in difficoltà. Infatti, alcune banche hanno nel frattempo furbescamente rivalutato le quote Bankit in bilancio per tappare i buchi di una gestione del portafoglio un po’ allegra. Beh, qui ha ragione la Merkel e la Bundesbank che hanno fatto una colossale tirata d’orecchio alla Banca d’Italia quando si sono accorte che il nostro acuto Vigilante non aveva sanzionato questo comportamento, a loro modo di vedere scorretto. Allora la Merkel aveva ragione, perchè il suo ragionamento si basava sul fatto che le quote di una Banca centrale non possono essere vendute e comprate come le arance al mercato. E quindi non è possible attribuire un valore (che non sia poco più che simbolico) ad un oggetto che non puoi vendere e che se provi a vendere non ha alcun prezzo. Ma in realtà la Merkel sbagliava: non aveva previsto a quale livello di miseria lo Stato italiano sarebbe giunto. Non essendo in grado di dire la verità a gli italiani sull’assurdità di tutta la manovra IMU, per finanziare la sospensione della seconda rata cosa si inventa il governo di una Banana Republic? La privatizzazione di un bene pubblico come la Banca Centrale.
La cosa ridicola è che nel frattempo, da vera Banana Republic, lo stesso governo pensa a “pubblicizzare” con l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti aziende come Ansaldo Energia e pare anche Versace. Ha un minimo senso economico tutto ciò?
Se andiamo poi nel dettaglio dell’operazione Banca d’Italia si scoprono altre chicche interessanti. Il capitale di Banca d’Italia viene rivalutato a 7,5 miliardi in base ad un esercizio di cui i saggi che l’hanno svolto (tra cui il Rettore della Università Bocconi) dovrebbero vergognarsi. La stessa BCE l’ha giudicato con toni sprezzanti. Chiunque abbia visto gli studi di valutazione anche solo di un ramo d’azienda si aspetterebbe di vedere un dossier monumentale. Qui, ci sono due paginette, con Banca d’Italia valutata in base ad un modello cd. Gordon a due stadi.
Ma andiamo avanti. Su questa rivalutazione gli azionisti privati (in utile) pagheranno le tasse e il governo spera così di racimolare 1,5 mld per finanziare appunto la sospensione della seconda rata dell’IMU. Le banche devono tirare fuori i soldi per pagare questi 1,5mld. Sembrerebbe per le banche un cattivo affare, ma è così?
Le banche sperano di poter utilizzare le quote Bankit così rivalutate per fare fronte ai prossimi stress test della BCE con maggiore tranquillità ed evitare di dover andare dai loro azionisti a chiedere i soldi di un nuovo aumento di capitale. Se la BCE glielo consente, già questo sarebbe un buon affare. Anche perché, sempre nel famigerato studio soprariportato, sembrerebbe che Banca d’Italia si sia impegnata a pagare un dividendo del 6% del capitale, che consentirebbe alle banche di recuperare in 4 anni quanto anticipato quest’anno al governo. Insomma, i furbetti italiani fanno bingo: le banche finanziano la sospensione della seconda rata dell’IMU, non devono fare gli aumenti di capitale e poi comunque recuperano da Banca d’Italia nei prossimi 4 anni quanto anticipato quest’anno, aggirando il divieto di bail-out pubblici imposto da Francoforte. C’è un “big if” ed è la Merkel e la BCE a cui le furbizie non piacciono molto, ma staremo a vedere.
Le chicche non si fermano qui. Gli azionisti privati (fortunatamente) non possono detenere più del 3% del capitale, quindi devono vendere le loro eventuali partecipazioni in eccesso. Sopra il 3% ci sono: Intesa Sanpaolo che ne detiene il 30%, Unicredit il 22%, Generali e Carisbo poco più del 6%, INPS 5%, Carige quasi il 4%. Si noti che i francesi di BNP Paribas, attraverso BNL, hanno il 2,8%! Cosa succede se questi signori non trovano compratori per le loro quote? Ci pensa la Banca d’Italia che può acquistare azioni proprie in attesa di ricollocarle presso altri azionisti, se e quando li troverà. E così il cerchio si chiude. Potevamo liquidare Banca d’Italia al valore contabile di 300 milioni delle vecchie lire e adesso ci serviranno 7,5 mld di euro. Un bel riconoscimento per i servizi “pubblici” svolti in questi 20 anni dalle banche privatizzate.

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