Un lettore ci ha parlato di uno studio di una casa d’investimento sul futuro del settore automotive e sulle conseguenze che le auto intelligenti potranno avere sui business, come quello assicurativo, che sono correlati a quello del trasporto su gomma. Sono rari gli studi delle case di investimento che riescono a far riflettere sui grandi trend. Questo è uno di quelli. Ed è interessante capire cosa ne pensate voi, anche perché, quando un’industria è vicina ad una trasformazione radicale, nessuno ha la verità in tasca, men che meno noi o i guru di Wall Street.
Che le automobili si stiano trasformando in oggetti sempre più sofisticati elettronicamente è un dato di fatto, sotto gli occhi di tutti. Basti pensare ad iniziative come Enjoy o City to Go dove l’interazione tra smartphone, GPS, carte di credito e elettronica on board sta rivoluzionando il concetto stesso di possesso di una autovettura.
Ed è di pochi mesi fa lo spot di Google dove si mostravano delle simpatiche automobiline in grado di trasportare passeggeri lungo le strade della provincia californiana senza un conducente umano. Oggi molte autovetture hanno già sistemi di auto-parcheggio o di avvertimento ostacoli in movimento o in grado di riconoscere se il conducente si sta addormentando. Forse, nessuno di noi crede che da qui ai prossimi 5 o 10 anni le innovazioni di Google possano essere trasferite nella produzione di massa. Ma da qui a 20 o 30 anni siamo altrettanto sicuri?
Ecco allora la provocazione intelligente degli analisti. Ma se le auto si guideranno da sole o saranno dotate di sistemi di guida altamente assistita (e relativi anti-furto), che ne sarà del business assicurativo? La percentuale di incidenti sta già calando significativamente grazie al combinato disposto della crisi (si consuma meno benzina) e delle innovazioni tecnologiche (le auto sono adesso più sicure). Per ora le compagnie ci guadagnano perché l’adeguamento al ribasso delle tariffe segue con un certo ritardo. Ma cosa succederà quando le probabilità di incidentalità si assottiglieranno ancora di più? La concorrenza di prezzo delle banche e dell’online potrà condizionare sempre di più il mercato delle polizze, se la professionalità delle tradizionali reti agenziali “fisiche” è richiesta di rado.
Le conseguenze di un quesito del genere sono profonde per chi dovrebbe fare di mestiere l’analista e valutare le compagnie assicurative. Normalmente, infatti, gli analisti concentrano i loro sforzi di analisi sulla performance dell’azienda nel breve-medio periodo. Si spingono fino a 3 o 5 anni e poi applicano un’ ipotesi di crescita delle variabili di bilancio in linea con la crescita del PIL. Questo modo di costruire la valutazione di un’azienda è considerato prudenziale perché di fatto assume che nel lungo periodo l’azienda crescerà né più né meno dell’economia nel suo complesso.
Ma in un settore in cambiamento come quello dell’automotive e alla luce delle considerazioni svolte sopra, questa ipotesi potrebbe essere considerata “aggressiva” se applicata al ramo danni auto delle compagnie assicurative. Per essere prudenziale, l’analista dovrà perlomeno attribuire una probabilità di morte al business. Dovrà cioè fare anche lui un po’ il mestiere dell’assicuratore.