L’Europa alla ricerca del suo Francesco

A quelli che fanno spallucce e pensano che l’Europa non sia riformabile perché infestata dagli stessi abusi, scandali, interessi particolari che hanno minato la classe politica in molti dei suoi Stati membri, vorrei richiamare l’attenzione su un altra istituzione. Ha il doppio degli aderenti alla UE e anche lei è stata sottoposta negli ultimi anni ad una crescente disaffezione. Data per moribonda fino a poco tempo fa a causa di accuse riguardanti la sua mancanza di legittimità democratica, il suo etilismo, la sua corruzione e la sua incapacità di rispondere alle preoccupazioni dei suoi membri, questa istituzione sembra miracolosamente rinata. Questa è ovviamente la Chiesa cattolica, dove l’elezione di Papa Francesco ha dato speranza a milioni di fedeli. Anche se è chiaro che l’attuazione delle riforme richiederà tempo e deluderà sia i sostenitori dell’innovazione più radicale che i nostalgici delle vecchie istituzioni, di sicuro è evidente come un nuovo (e virtuoso) corso è stato intrapreso.
Fra qualche mese l’Europa avrà il suo conclave, e con questo l’occasione per una iniziare una nuova primavera oppure avvitarsi in un arrestabile processo di declino che potrebbe portare alla sua disgregazione.
Per chi tifa per la seconda opzione non conviene continuare la lettura, dedicata a chi invece sogna un futuro da italiano a testa alta in Europa e da europeo a testa alta sul resto del mondo.

Oggi i sondaggi indicano che le prossime elezioni europee potranno snaturarsi trasformandosi in un referendum pro o contro l’Unione europea, con il rischio di uno stallo in cui sarà difficile determinare un presidente per la Commissione Europea.
Questa situazione è molto pericolosa, dato che la questione della sopravvivenza dell’Unione Europea non è posta in modo esplicito come in qualunque referendum che si rispetti. Referendum che implicherebbe per i due fronti – pro e contro l’Unione Europea – di argomentare le loro posizioni e illustrare soluzioni alternative e sviluppi. In questo scenario di referendum mascherato è perfettamente lecito per i sostenitori del ” no” evitare di fornire i dettagli delle alternative che offrono. È probabile che anche in uno scenario in cui vincesse il “Sì”, il dibattito potrà mostrare differenze significative che animano il fronte europeista, non fosse che per l’impronta ” federale” o ” intergovernativa ” da assumere in futuro, sia all’interno UE a 28 che della UEM a 18.
L’ipotesi al momento più realistica vede il campo dei ” No” rappresentato da circa 1/3 dei nuovi deputati e il “Sì ” condiviso equamente tra federalisti e confederalisti. In questo scenario l’Unione sarà in una posizione di stallo, incapace di fornire un progetto di futuro credibile che coinvolga il sostegno della maggioranza degli elettori. In tale situazione si alimenterebbe la speculazione circa la sostenibilità della UE, perché è illusorio aspettarsi che i problemi strutturali in Europa possano risolversi grazie un miglioramento dell’economia globale.

Per evitare questa situazione è essenziale mobilitare l’elettorato presentando alternative politiche per la gestione degli affari europei dal punto di vista economico, sociale, ambientale, e altro ancora. La designazione da parte dei partiti europei dei loro candidati per la presidenza della Commissione è un primo passo in questa direzione, sebbene insufficiente. Fondamentale sarà riportare l’Europa al centro del dibattito elettorale europeo, e sottrarlo alle logiche locali dei singoli stati.
E’ solo in questo contesto che sarà possibile per i sostenitori del “Sì” (federalisti o intergovernativi che siano) fare un fronte comune contro il “No” per smontare i portatori di istanze populiste e semplicistiche, che non riuscirebbero a sopravvivere alla dura realtà di questo inizio di XXI secolo.
Solo se opportunamente sostenuto dal voto popolare il Consiglio Europeo potrà eleggere il nostro “Papa”. Un Presidente in grado di scegliere la sua Commissione tramite cui potrà attuare, con l’approvazione del Parlamento, gli orientamenti emersi con le elezioni europee e realizzare il suo “programma europeo”. Presidente, Commissione e Parlamento dovranno preparare un nuovo Trattato che aggiornerà i cambiamenti istituzionali non più derogabili e la deleghe tra i diversi livelli di governo. Il nuovo assetto istituzionale dovrà dare un ruolo chiaro al governo dell’Europa e lasciare agli stati membri l’autonomia regionale necessaria, nel rispetto del principio di sussidiarietà e solidarietà europee.
L’attuale impopolarità dell’Europa deve essere combattuta con forza. Lungi dall’essere il problema, l’Unione europea è un elemento fondamentale di qualsiasi soluzione. Quello che occorre è riscoprire i valori fondamentali dell’unità europea. Insieme a questi valori occorre ritrovare anche quello stesso coraggio e quella lungimiranza, che quasi 60 anni fa portò Francia, Germania, Italia e il BeNeLux a iniziare un percorso di integrazione e non di più di conflitto. Anche all’Europa serve riformarsi e innovarsi, andando avanti ritornando alle sue origini e al suo messaggio originale.

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