L’OLIMPICA SERENITA’ DEL BOCCONIANO DELL’ANNO

cambio

Per Jorg Asmussen, che stasera sarà premiato come “Bocconiano” dell’anno, il cambio a 1,38 non è preoccupante : <<DOMANDA: (l’euro) è troppo alto, sopravvalutato, vi preoccupa? RISPOSTA: in termini nominali e in termini effettivi reali, che è quello che più conta, siamo dentro una fascia che abbiamo visto negli ultimi 10 anni . …. Non ho una preoccupazione specifica sul cambio …>> (Il Sole24 Ore, pag.4, 25/10/2013). Magari non sarà un problema per i banchieri centrali (Asmussen è del board della BCE), ma per gli esportatori europei ed italiani in particolare stiamo entrando nella fascia del dolore acuto.

Infatti, quando si parla di fasce che non danno “preoccupazione specifica”, in genere ci si riferisce ad un intervallo centrato sulla media e per non sbagliare si prende il 25mo e il 75mo percentile, in modo da comprendere il 50% dei casi e lasciare fuori le code della distribuzione. Ebbene, il Top75% è a 1,34 e lo abbiamo superato di un bel po’. Tant’è che il livello di 1,382 (il cambio massimo di questi giorni) è stato superato soltanto nel 16,7% degli oltre 5.400 giorni che sono passati dal 1/1/1999.

Se passiamo al concetto piuttosto evanescente di cambio effettivo reale le cose si complicano. E’ un concetto evanescente perché non si è mai capito nella pratica quali prezzi utilizzare per calcolare il valore “reale” di una valuta: i prezzi al consumo? quelli dei soli beni commerciati internazionalmente? E come correggere per le palesi disomogeneità di politiche commerciali? Insomma, se due paesi hanno un tasso d’inflazione molto diverso, allora il cambio effettivo reale ha un significato. Viceversa, se sono su livelli d’inflazione simile, come possono essere gli USA e l’area euro, allora il riferimento per misurare la variazione nella competitività relativa rimane la variazione nel tasso di cambio nominale. Comunque, anche guardando alla PPP, l’euro risulta sopravvalutato del 15% rispetto al dollaro. Se può essere una consolazione, è dal 2003 che l’euro risulta consistentemente sopravvalutato (in termini di PPP) rispetto al dollaro.

Soprattutto, quello che la componente tedesca della BCE non sembra capire è che l’Europa non è una media, ma è la somma di tante realtà diverse. Dove i gap si stanno ampliando e cronicizzando, anche a causa di politiche fiscali stupidamente omogenee per l’intero continente. Il che significa che, se l’Italia deve intraprendere la strada dell’austerity, la Germania deve al contrario espandere la spesa pubblica per aiutare la periferia europea a ribilanciarsi senza dover affrontare una feroce deflazione interna. E tornando al cambio, per un paese come l’Italia che non può contare sulla domanda interna per risollevarsi (deve appunto proseguire sulla strada del consolidamento fiscale) …. la serenità con cui Asmussen parla di un euro/dollaro in linea con le aspettative è disarmante.

 

 

 

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