Parbleu! M. Carmignac, il re della gestione attiva, chiede aiuto contro gli ETF

M. Carmignac ha pubblicato, a proprie spese, su tutti i principali quotidiani economici europei (oggi sul Sole 24 Ore, tutta pagina 31) una lettera aperta all’ESMA (Autorità Europea dei Mercati e degli Strumenti Finanziari) scagliandosi contro la MiFID 2 e chiedendo di non applicare alla distribuzione dei prodotti finanziari il modello fee-only che prevede la remunerazione del distributore solo attraverso un onorario pagato direttamente dal cliente. Il pericolo che paventa è il sogno dei premi Nobel dell’economia: gli ETF (e i fondi passivi) che diventano la componente prevalente dei portafogli degli investitori retail.

La parte della MiFID 2 dedicata alla distribuzione e alla consulenza finanziaria è in effetti una rivoluzione nel segno della trasparenza vera, quella che azzera i conflitti d’interesse. In Inghilterra, dove è stata applicata la versione integrale del modello fee-only, i costi per i risparmiatori sembra si siano dimezzati nel giro di pochi mesi, grazie non solo alla diffusione degli ETF ma anche e soprattutto alla rinegoziazione delle commissioni di gestione dei fondi “normali” ottenuta proprio dalle nuove piattaforme di consulenza.

Ma per quale motivo si tratta di una rivoluzione? Per capirlo, immaginate di rivolgervi ad un architetto per ristrutturare l’appartamento. Cosa pensereste se il vostro architetto si facesse pagare dai muratori che impiega nei lavori? Se si facesse pagare dal negozio dove l’imbianchino va a comprare la vernice? Se prendesse una percentuale dai mobilieri a cui si rivolge per arredarvi la casa?

Ebbene, questo è quanto accade oggi nella consulenza finanziaria. Quando voi andate in banca o ricevete il vostro promotore, la banca ottiene una percentuale dalla società che gestisce i fondi che riesce a vendervi. Una percentuale sia delle commissioni di collocamento sia delle commissioni di gestione. Magari le commissioni di collocamento le capireste anche, ma cosa c’entra la banca con la gestione e quindi a che titolo percepisce una quota delle commissioni di gestione rimane (a voi) incomprensibile. Ed in effetti, dopo la direttiva MiFID 1, la banca non avrebbe alcuni titolo a ricevere quei soldi dalla società di gestione …. a meno che non vi abbia fatto firmare un contratto di consulenza. Non chiedetevi adesso se voi lo avete firmato. A quello che mi risulta non c’è un cliente in Italia a cui non sia stato fatto firmare. Se guardate tra le vostre carte, lo trovate incorporato nel contratto di deposito titoli. La forma è quindi salva e perfetta, la Consob e la Banca d’Italia sono contente, il collocatore pure. E ovviamente è contenta anche la società di gestione. Sa che la banca, percependo una quota delle commissioni di gestione, ha tutto l’interesse a mantenere il cliente “investito”.

Cosa succede con la MiFID 2? Se le autorità nazionali decidessero di recepirla nella forma non diluita (alla inglese tanto per intenderci), il consulente (banca o promotore che sia) non può più percepire un euro dai “produttori”, cioè dalle società di gestione nel caso dei fondi comuni. L’unica sua fonte di reddito deve essere l’onorario percepito dal cliente che si rivolge a lui per un consiglio. Insomma, “back to the future”. Il consulente finanziario diventa un professionista come l’architetto, l’avvocato, lo psicanalista, … Viene pagato solo dal suo cliente e non da mobilifici, case farmaceutiche, …

Ci sono voluti parecchi anni (e parecchi scandali, tra cui quello delle commissioni di gestione che, al posto di scendere, continuano da anni a salire) perché le autorità capissero che basta applicare quello che la tradizione prevede per qualsiasi contratto di consulenza. Non c’è più bisogno di scrivere contratti complicati. Non c’è più bisogno di versioni semplificate di enciclopedici prospetti informativi. Ovviamente, mi sto riferendo alla situazione ideale di quei paesi europei che recepiranno bene la direttiva europea. In Italia, già si sente parlare di consulenza dipendente e di consulenza indipendente, quindi prepariamoci all’ennesimo virtuosismo leguleio delle nostre autorità e speriamo nella nuova Commissaria Consob, Anna Genovese.

La banca a quel punto è esattamente dallo stesso lato del cliente. Magari le grandi banche italiane, che hanno una massa enorme di clienti e quindi un potere contrattale notevole, potrebbero riuscire a conquistare market share attraverso un meccanismo nuovo e rivoluzionario: la competizione di prezzo! Così come mi aspetto di pagare un frigorifero di meno se lo acquisto da una grande catena di distribuzione, magari posso pagare commissioni di gestione inferiori per lo stesso fondo se vado ad acquistarlo presso una grande banca. Non è questo il modello verso cui Unicredit vuole evolvere?

Il risultato favorevole per il risparmiatore italiano è facilmente immaginabile, perché non solo è già successo in Inghilterra ma anche perché è già successo in Italia in alcune categorie di servizi di investimento e prodotti finanziari. Nelle gestioni patrimoniali, dopo la MiFID 1, non è più possibile per il gestore percepire retrocessioni da parte delle SGR i cui fondi sono inseriti in portafoglio. Cosa è successo? Per molti mercati sono stati sostituiti i fondi attivi con gli ETF (che non prevedono per costruzione alcuna retrocessione) e laddove sono rimasti i fondi attivi, dall’oggi al domani si sono comprate le classi di quote Istituzionali (che in genere costano la metà di quelle pagate dal cliente retail). Non solo. Se si inseriscono fondi gestiti dalla SGR di casa, bisogna restituire l’intera commissione di gestione al cliente.

Cosa ne sarà dei fondi attivi, come quelli gestiti da M. Carmignac? Sopravvivono solo i migliori. E quei migliori non vivranno nell’oro, perché quando il consumatore è assistito da un consulente vero, la performance deve essere realmente “superiore”. E per ottenere performance “superiori” non basta l’intuizione del singolo o un algoritmo. Ci vogliono schiere di analisti, gestori, computer, formazione, …. Tutte cose che costano e che, comunque, come nel mondo “reale” sono una condizione necessaria ma non sufficiente per una performance “superiore”. Caro M. Carmignac, questo è il mercato!

 

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