PERCHE’ LA BCE DOVREBBE OSARE DI PIU’

Non siamo d’accordo con alcune delle tesi esposte nell’articolo di Bisin su La Repubblica di oggi (16/1/2014) per giustificare la cautela con cui Draghi si sta muovendo di fronte al rischio deflazione in Europa. Premesso che a nostro parere la cautela di Draghi è dovuta esclusivamente alla “gestione” del rapporto con la Bundesbank, mentre Bisin è d’accordo nella sostanza con un approccio meno aggressivo di quello tenuto dalle altre banche centrali, noi siamo invece per una BCE che osi di più e che cerchi di assomigliare maggiormente alla FED.

Per sostenere la nostra idea dobbiamo partire da un punto “tecnico”: la valutazione dell’LTRO, le prime operazioni straordinarie targate “Draghi”. Spiegheremo che le operazioni di rifinanziamento del sistema bancario sono “espansive” anche qualora il credito che le banche ricevano dalla BCE non venga girato alla cd economia “reale” ma venga investito in titoli di Stato. Quando Bisin, parlando della possibile inefficacia delle misure straordinarie, dice che “purtroppo è stato il caso degli interventi della BCE (chiamati LTRO) nel 2011, che sono finiti largamente in acquisti da parte delle banche di debito sovrano del proprio Paese”, lascia intendere che tali interventi siano stati inutili per stimolare l’economia. Questo non è corretto a nostro parere, per una serie di motivi che adesso esporremo.

In primo luogo, l’LTRO è servito per evitare che i mercati dei titoli di Stato dei paesi periferici collassassero. Se l’Italia e la Spagna avessero perso l’accesso al mercato, sarebbe stata la fine dell’euro perché l’Europa non aveva e non ha le risorse finanziarie e la volontà politica per effettuare un’operazione di salvataggio delle dimensioni necessarie. Questo avrebbe provocato una crisi di dimensioni simili a quella degli anni ’30 per l’economia mondiale. In quel momento la BCE (ma anche la terrorizzata FED) era alla disperata ricerca di una soluzione per fermare il panico in Europa e trovare investitori in grado di fermare la reazione a catena. E li trovò dove sempre una banca centrale va a cercare: nelle banche domestiche. Ma, d’altro canto, chi avrebbe dovuto acquistare i titoli di Stato italiani o spagnoli? Abbiamo forse dimenticato che le istituzioni finanziarie dovevano pubblicare i loro investimenti in BTP, Bonos, … per rassicurare gli investitori sull’esiguità della loro esposizione all’Europa periferica? Se non lo avessero fatto, le loro azioni e emissioni obbligazionarie sarebbero state svendute e li avrebbero chiusi fuori dal mercato interbancario (come infatti è successo alle banche italiane, spagnole, …). Le uniche istituzioni che potevano acquistare i titoli di Stato italiani erano le banche italiane, con i soldi prestati dalla BCE. La BCE per motivi politici (anche in questo caso, vogliamo dimenticare i ricorsi alla Corte Costituzionale tedesca? Le dimissioni dei membri della Bundesbank?) non poteva comprarli direttamente, come fa la FED o la Bank of Japan o la Bank of England … ed è dovuta ricorrere all’LTRO, cioè ha dovuto prestare i soldi alle banche e, contando sulla razionalità dei loro CFO, ha correttamente previsto che la liquidità ricevuta sarebbe stata reinvestita in titoli di Stato del proprio paese. Come diceva Mr Dawes, il vegliardo banchiere di Mary Poppins, “While stand the banks of England, England stands; When fall the banks of England, England falls”. Quindi, la BCE ha ottenuto esattamente lo stesso risultato che la FED, la BoE, … si erano proposte di ottenere, utilizzando l’intermediazione delle banche.

Ma lasciamo pure da parte la natura straordinaria della crisi di fiducia in cui stavano precipitando i mercati finanziari e di conseguenza l’economia europea e mondiale. In situazioni normali, la banca centrale per stimolare l’economia acquista titoli di Stato a breve termine dalle banche. In questo modo, si abbassano i tassi d’interesse sulla parte breve della curva governativa. Se il mercato funziona normalmente, la liquidità che le banche hanno ottenuto viene reimpiegata acquistando titoli di Stato a più lungo termine, che rendono di più. La riduzione dei tassi d’interesse inizia quindi a trasmettersi lungo la curva governativa.

Dal momento che i tassi d’interesse dei BTP rappresentano il punto di riferimento per tutto il mercato creditizio italiano, per arbitraggio l’impulso si trasmette anche alle condizioni della c.d. economia reale. Anche solo a parità di credito erogato a favore dell’economia reale, l’abbassamento dei tassi d’interesse riduce l’onere a carico dei debitori e quindi ha un effetto espansivo: le famiglie con mutuo pagheranno rate più basse, le aziende che devono rinegoziare un prestito in scadenza potranno mettere a budget una spesa per interessi più bassi e così via.

Lo Stato, che è in genere il maggior debitore nei sistemi economici occidentali, vedrà una riduzione della spesa per interessi e quindi avrà più spazio a disposizione per effettuare operazioni di stimolo fiscale e permettersi un maggior livello di debito. Quindi, anche solo per questa via, una politica monetaria che si esaurisca esclusivamente in una riduzione dei tassi d’interesse sui governativi può avere effetti espansivi.

Veniamo adesso ai giorni nostri, al rischio deflazione paventato dal FMI e chiediamoci se la BCE fa bene ad essere cauta, come sostiene Bisin. La risposta, a nostro parere, è negativa. Il motivo per cui il credito all’economia non riprende (ancora) dipende in parte dal ritardo con cui lo stimolo originario si trasmette all’economia reale, dovuta all’abnormità dello shock che abbiamo subito 2 anni fa. Non dimentichiamo che solo dopo 2 anni lo spread sui BTP a 10 anni, che nell’universo italiano sono i titoli relativamente meno rischiosi e enormemente più liquidi, è ritornato attorno a 200 bp. Ma dipende anche dalla Asset Quality Review (AQR) a cui il sistema bancario europeo sarà sottoposto il prossimo anno. In vista dell’AQR le banche stanno ripulendo i bilanci e stringendo i criteri di erogazione. Fino a quando l’AQR non finisce, le banche difficilmente potranno tornare a riallargare i criteri del credito.

In questa fase, sarebbe fondamentale che si liberasse più reddito disponibile possibile e che il settore pubblico facesse da supplente. Ma come può fare da supplente, aumentando il deficit, se ci sono i vincoli del 3%? Per spendere di più bisogna creare spazio nel bilancio e le tasse non possono certo essere aumentate. Bisogna sperare che qualche voce di spesa corrente si riduca e crei lo spazio di manovra. Quali sono le voci di spesa? Pensioni: di certo non si riducono per via naturale, anzi. Stipendi dipendenti pubblici: al massimo si possono congelare. Spesa per interessi : qui, bisogna che i tassi si riducono. Eureka. Siamo arrivati al punto. Ma chi può abbassare i tassi se non la banca centrale? E come può farlo se non riproducendo un’altra tornata di LTRO? Ragionamento analogo vale per i debitori privati, come abbiamo spiegato sopra.

Ma c’è anche un altro fattore da tenere in considerazione ed è l’effetto ricchezza causato dal recupero delle quotazioni delle asset class rischiose (in primis le azioni) che le manovre ultra-espansive delle banche centrali hanno provocato. Non del tutto a torto Bisin è preoccupato da performance borsistiche correlate alla conduzione della politica monetaria più che all’andamento degli utili. Per noi, però, il rischio di una bolla è necessariamente insito in ogni ripresa economica che segua dopo una crisi di fiducia come quella da cui purtroppo solo adesso iniziamo ad uscire. La ripresa degli investimenti si innesca solo se gli “animal spirits” riprendono coraggio. E il primo luogo dove si registra il ritorno degli “animal spirits” è la Borsa. Le dichiarazioni della Yellen e degli economisti della FED sembrano avvalorare questa tesi. Anche perché, se è vero che alcuni mercati sono ai massimi storici, però questi massimi sono molto vicini a quelli raggiunti 13 anni fa. E nel caso dell’Italia siamo ancora lontanissimi dai livelli pre-crisi. In poche parole, in Borsa c’è una certa esuberanza, su alcuni casi specifici si sono registrati eccessi, ma in generale le valutazioni non sembrano particolarmente tirate.

Riassumendo, contrariamente a quanto sostiene Bisin, proprio a causa dell’AQR la BCE deve spingere sull’acceleratore e riprodurre in Europa quello che è stato fatto negli USA, in Inghilterra, …

Share Button

Rispondi