QUANDO LA POLITICA AMERICANA DIVENTA PEGGIO DI QUELLA NOSTRANA

Sequester, continuing resolution, debt ceiling lift: quando la politica americana può essere più complessa e pericolosa di quella europea

Ottobre rischia di essere un mese nero per la politica americana … e i mercati dei titoli di Stato periferici. Per capire il perché, è necessario addentrarci nelle complessità della finanza pubblica americana e del suo processo di budget.

Dobbiamo iniziare dal 2011. In seguito all’n-simo scontro tra Repubblicani e Democratici per alzare il limite massimo sul debito pubblico (debt ceiling), con il Budget Control Act del 2 agosto 2011 Obama otteneva un innalzamento “a tappe” di tale limite (che negli USA è una cifra stabilità per legge, oggi pari a quasi $ 16.699 mld) , in cambio di una politica di contenimento del deficit. Il supercomitato bipartizan che avrebbe dovuto trovare un accordo per tagliare il deficit entro novembre 2012, … non l’ha trovato e, quindi, a partire da marzo 2013 sono iniziati i tagli automatici alla spesa pubblica, il cd. “sequester”, pari a $1.200 mld di spesa pubblica sui prossimi 10 anni, previsti nel Budget Control Act. Fino a quando il Congresso non troverà una soluzione alternativa per ridurre il deficit (o rimangiarsi gli obiettivi del Budget Control Act) il “sequester” va avanti. Per evitare comunque un impatto devastante sull’economia USA, sono stati effettuati interventi tampone che hanno consentito di limitare il sequester ai settori non strategici.

Purtroppo, non essendosi messi d’accordo su come stoppare il “sequester”, è molto difficile che si mettano d’accordo in così pochi giorni sulle leggi di spesa (“spending bills”) che servono ad assicurare il funzionamento del governo federale. Normalmente, quando Presidente e Congresso non si mettono d’accordo su uno “spending bill”, il Congresso approva una ”continuing resolution” che consente alle agenzie governative di continuare a spendere le stesse cifre dell’anno fiscale precedente. Questa volta, a causa della battaglia che i Repubblicani stanno facendo su Obamacare e, più in generale, sul contenimento del deficit, è molto difficile immaginare non solo un accordo su spending bill ma anche la votazione di una “continuing resolution”.

A rendere le cose più complicate, nel frattempo il debito pubblico americano è cresciuto fino a raggiungere il nuovo limite massimo. Come già accaduto in passato, il Tesoro da mesi ha messo in atto interventi tampone che hanno consentito al Tesoro americano di continuare ad emettere titoli di Stato, ma gli spazi di manovra si stanno esaurendo.

Il problema è che queste misure tampone stanno esaurendo il loro effetto e adesso si presentano le scadenze serie:

 

1) 1 ottobre: inizia il nuovo anno fiscale, se il Congresso non vota la “continuing resolution”, le agenzie governative che operano in settori non strategici (es. Difesa) non possono più spendere un dollaro;

2) 17 ottobre: entro tale data il debt ceiling sarà raggiunto. Se il Congresso non vota per un “debt ceiling lift”, il Tesoro USA non potrà più emettere titoli del debito pubblico e a partire dalla settimana successiva non avrebbe più liquidità sufficiente per pagare cedole o rimborsare titoli in scadenza.

L’impatto sull’economia di questi eventi non è tanto quello diretto. Da notare che il governo americano ha “chiuso” per ben 18 volte dal 1976 ad oggi. L’ultima volta con Clinton, nel 1995, la chiusura durò 21 giorni e circa 800.000 dipendenti pubblici, impiegati in servizi non essenziali, furono temporaneamente lasciati a casa. In ogni caso, una soluzione verrà trovato e il dovuto sarà pagato ai creditori.

L’impatto preoccupante è quello indiretto, sul clima di fiducia internazionale. Se la classe politica del paese dominante non è in grado di trovare un accordo su una cosa così “stupida” come questa, se il Presidente ha perso così tanto prestigio interno, allora vuol dire che l’economia mondiale è in balia degli eventi. E questo non piacerà ai mercati. Le conseguenze peggiori potranno allora esserci paradossalmente per i paesi periferici come l’Italia. E’ già successo nell’estate del 2011. Gli USA vengono downgradati, anche per l’incapacità politica di raggiungere un accordo sul debt ceiling, i tassi sui titoli di Stato americani scendono e inizia la fase peggiore della crisi europea.

Fortunatamente, i mercati per ora sono molto calmi. Oramai dai politici (a qualunque latitudine essi risiedano) i mercati, come la gente comune, non si aspetta più nulla se non un po’ di show per animare le serate in famiglia davanti alla TV, in alternativa ai soliti telefilm. E sono altrettanto convinti che l’obiettivo dei politici sia quello di continuare a sedere sulla seggiola in Parlamento. Quindi, una volta terminata la sceneggiata, piuttosto che rischiare il posto con nuove elezioni in una recessione che loro stessi hanno creato, l’idea è che voteranno Continuing resolutions e Debt Ceiling Lift, pronti a trovare il nuovo tema su cui guadagnarsi un posto nel prime time. Almeno, questo è quello che i mercati sperano … non vorrei che i Tea Party ci mostrino i nuovi limiti del furore ideologico conservatore.

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