La classifica riportata su Plus24 oggi (3/1/2014) conferma l’evidenza storica e ribadisce per l’n-esima volta che i costi troppo elevati della gestione attiva determinano la sua sottoperformance rispetto al benchmark. Il che è un pò paradossale visto che quest’anno è aumentata la volatilità e quindi i gestori attivi avrebbero dovuto fare decisamente meglio del mercato. La verità è che quando i tassi su un Bund a 5 anni sono negativi e quelli di un BTP a 10 anni non arrivano al 2% come si fa a sottrarre ad un portafoglio l’1,5% di commissioni? Ma almeno nei prodotti con benchmark prima o poi anche il risparmiatore italiano si accorgerà di chi gli fa pagare troppo e di chi è più onesto.
Dove invece il processo di apprendimento è più complesso è con i prodotti “flessibili”. L’aggettivo “flessibile” è accattivante, soprattutto per noi italiani sempre riottosi a regole e vincoli. Non è un caso quindi che i fondi flessibili stiano diventando un marchio di fabbrica tutto italiano. C’è dentro di tutto e non c’è obbligo di indicare un benchmark rispetto a cui confrontarsi. Esiste un rendimento minimo, spesso parametrato a qualche tasso di mercato monetario e quindi praticamente pari a zero, superato il quale si percepiscono laute commissioni di overperformance.
Perchè allora non avvertire i risparmiatori usando una denominazione più appropriata. Che so? “Fondi Spaghetti” ? Come i western di Sergio Leone, anche questi sono una eccellenza italiana!