“The London WHALE-GATE”: a Wall Street ancora una volta la realtà supera l’immaginazione.

Partiamo dall’epilogo. Qualche giorno fa JP Morgan, per molti “la” Banca, ha riportato la prima perdita trimestrale degli ultimi anni. Il mercato non si è scomposto più di tanto, dato che questa perdita è dovuta alle spese legali (7.2 miliardi di $, non bruscoline!) sostenute a seguito dello scandalo noto come “London Whale-gate” che risale a circa un anno fa. Uno scandalo poi passato, come tanti, nel dimenticatoio: basta dire che quando scoppiò a maggio 2012 JP Morgan perse in borsa circa il 33% (da 40 $ andò a 30 $), ma nel giro di qualche mese ha recuperato con gli interessi (oggi è a 52$).

Questo è il finale. Tutto come prima, o quasi. Ma allora val la pena ripercorrer gli eventi?

Un tentativo va comunque fatto: bisogna in qualche modo alimentare la speranza di chi pensa che quanto accaduto possa servire da lezione.

Torniamo indietro al 2007, quando JP Morgan istituì un portafoglio denominato “Structured Credit Portfolio” (SCP), con la finalità di coprire i rischi del patrimonio mobiliare della banca, principalmente investito in titoli obbligazionari. Questo portafoglio era alimentato dagli eccessi di liquidità generati dall’attività ordinaria, quindi la decisione del management fu assolutamente diligente. In sostanza è come se il buon padre di famiglia volesse dedicare parte dei propri risparmi ad assicurare il proprio patrimonio contro eventi che in qualche modo lo possono danneggiare.

I problemi iniziarono nel 2009 quando i trader che gestivano il SCP iniziarono a realizzare profitti. Beh, nulla di male, ma “far soldi” non era l’obiettivo del fondo. Il SCP iniziò a crescere alimentato dai guadagni, e così cresceva l’appetito al rischio dei gestori, i quali aumentarono l’esposizione non a fini di copertura del patrimonio della banca (come avrebbero dovuto fare) ma a fini speculativi.

Alla fine del 2011, ci fu la richiesta da parte del management di diminuire la rischiosità complessiva del patrimonio della banca. Dato che il fondo SCP contribuiva ormai in modo significativo (nota: in origine doveva servire a ridurre il rischio non aumentarlo!) le opzioni a disposizione erano due: vendere una parte del SCP oppure inventarsi qualcosa. Dato che in quel momento “vendere” avrebbe comportato qualche perdita (i titoli non erano facili da liquidare), iniziò a farsi spazio un’idea diabolica. Vendere a scadenza ad un prezzo prefissato (ad esempio al prezzo di 10 a tre mesi). In questo modo, per chi controllava il rischio, le posizioni erano compensate e quindi la rischiosità risultava diminuita. Il problema fu che i trader del SCP iniziarono a vender di più di quello che avevano in portafoglio (come questo non sia stato intercettato dai radar del Risk Management è stato poi oggetto approfondito di indagine), nell’aspettativa che a scadenza il prezzo sarebbe sceso (consentendogli quindi di realizzare un guadagno). Ad un certo punto le posizioni diventarono talmente grosse da far associare al trader Bruno Iksil il nickname di “London Whale”.

Probabilmente tutto sarebbe andato per il verso giusto se ad un certo punto non fosse entrato in scena il Gordon Gekko della situazione. Boaz Weinstein, un nome sconosciuto ai più ma noto a Wall Street come “the Monster”, uno che non si fa tanti scrupoli e neanche prigionieri. Espulso a vita dai casinò di Las Vegas per aver sbancato il Bellagio (“accusato” di saper contare le carte), fondatore di un grosso fondo speculativo (Saba Capital), “the Monster” aveva una visione completamente diversa rispetto a quella di Iksil. Sosteneva infatti che il prezzo di quei derivati sarebbe salito, e quindi iniziò a comprare. E non lo fece da solo, chiamò altri a farlo. Per quanto la balena fosse grossa e in grado di influenzare il mercato, Weinstein e i suoi amichetti riuscirono ad arpionarla. Risultato: il prezzo salì e JP Morgan si trovò a ripianare un buco colossale.

Questo è ormai il classico dei classici negli scandali finanziari. Arrivi ad un certo punto che anziché chiuder la partita in perdita raddoppi la puntata. Se le cose van bene, bene, altrimenti salti. Dato che alla fin fine la battaglia è stata combattuta a Wall Street senza conseguenze per l’economia reale, qualcuno potrebbe dire: lasciamoli scannare tra di loro! Si, lasciamoli pure, peccato che la crisi iniziata nel 2008 con il fallimento di Lehman Brothers abbia avuto una genesi simile e le conseguenze su Main Street si son viste eccome!

Basterà la maxi multa ad evitare il prossimo scandalo? Probabilmente in JP Morgan staranno molto più attenti (il danno d’immagine è sicuramente superiore rispetto a quello che han pagato), ma chi ci può assicurare che in questo momento non ci siano altri balenotteri che stanno bramando qualcosa e nessuno riesca di fatto a controllarli?

To be continued….

 

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