“There are three ways to make a living in this business: be first, be smarter, or cheat”

Nel film “Margin Call”, John Tuld, il CEO di una immaginaria super-banca di Wall Street, riecheggiando la famosa frase “we have to dance until the music stops” pronunciata da Chuck Prince di Citigroup all’inizio della crisi del 2007-08, si rivolge ai suoi collaboratori che gli avevano portato le prime evidenze sul reale valore di quanto presente nei book e dice loro: I’m here for one reason and one reason alone. I’m here to guess what the music might do a week, a month, a year from now. That’s it. Nothing more. And standing here tonight, I’m afraid that I don’t hear – a – thing. Just… silence”

 Tra articoli e interviste varie, Andrew Balls, CIO di PIMCO, uno dei più grandi gestori al mondo, sta “saturando” i media con la sua idea che Draghi lancerà un QE in primavera che avrà ad oggetto i titoli di Stato. Sia su Repubblica lunedì sia sul FT oggi, A. Balls ha fatto discendere da questa sua previsione l’idea (ovvia) che Bonos e BTP siano da comprare. A scuola ci hanno insegnato che le strategie di gestione dei grandi “hedge funds” sono segretissime. Evidentemente, a PIMCO non la pensano così. Bill Gross, adesso in Janus, è stato l’antesignano della trasformazione del gestore in macroeconomista “pubblico”, che non solo fornisce la propria view ma incita le autorità e i politici a fare questo o quest’altro.

Ma nessun gestore sarebbe così pazzo da legarsi le mani su un orizzonte temporale anche solo di 3-12 mesi in mercati come questi.  Quindi, l’intervento va letto in controluce, perché la tesi principale dell’articolo rivela la posizione attuale del gestore ma le controdeduzioni rivelano la sua preoccupazione e la sua linea di azione futura qualora le autorità non rispettino le sue prescrizioni.

Sostanzialmente, dalle interviste/articoli pubblicati in settimana si potrebbe dedurre di primo acchito che PIMCO ha accumulato o sta terminando di accumulare posizioni in Btp e Bonos perché è convinto che Draghi lancerà un QE in primavera: “see peripherals, notably the liquid Spanish and Italian markets, as offering an attractive source of credit risk.”.

Se Draghi farà questo, per A. Balls il rischio deflazione sarà scongiurato e, probabilmente anche in Europa gli operatori di mercato avranno un’aspettativa di inflazione che ritorna al 2% su un orizzonte di 7 anni. Ha infatti dichiarato in apertura all’articolo sul FT di oggi (p. 24): “What do you think inflation is going to be in the US or the UK seven years from now? While we believe it is not possible, in any serious way, to forecast annual inflation that far ahead the most sensible answer is 2 per cent: the Federal Reserve’s and the Bank of England’s inflation targets. These are credible central banks. What about the euro-zone? Is the European Central Bank’s inflation target of close to but below 2 per cent credible? That is not so clear. Mario Draghi, ECB president, is right to highlight the decline in longer-term inflation expectations in the euro-zone as a worrying development that demands action.”

Ma, se le aspettative di inflazione a lungo termine dovessero, grazie al QE di Draghi, riportarsi al 2%, come auspica A. Balls, dove andranno i rendimenti di Bund, OAT, BtP e Bonos? La risposta è semplice: su. I prezzi: giù. Quindi, se Draghi farà il QE, A. Balls è pronto a scaricare il suo portafoglio e venderlo alla BCE.

Cosa succede se Draghi non procede al QE? Qui, A. Balls evoca non solo il rischio deflazione, ma anche il rischio di “sovereign debt crisis”: “Mr Draghi’s July 2012 pledge to do “whatever it takes” to prevent a rolling eurozone sovereign debt crisis worked without the ECB having to do much other than make clear that it would act in the interests of the bloc as a whole”.

Tuttavia, invita subito alla calma e, anche se non si dovesse fare il QE a marzo, sposta di 12 mesi l’inizio dei problemi: “We expect continued eurozone stability in the next 12 months”. Ora per chi gestisce un portafoglio, l’idea che tra 12 mesi possa crollare il mondo non è una prospettiva rispetto alla quale non prendere precauzioni. Soprattutto se si ha la responsabilità di portafogli giganteschi, che non si smontano dall’oggi al domani.

Se fossimo noi a gestire il portafoglio e avessimo la sua view cosa faremmo? Inizieremmo gradualmente a smontare il portafoglio di BTP e Bonos. Se la BCE a marzo parte veramente con il QE, vuol dire che avremo perso per strada un po’ di performance ma vendiamo comunque in utile. Se invece la BCE non parte con il QE e temiamo che a novembre 2015 scoppi il finimondo, beh vuol dire che abbiamo venduto lo stesso ad un buon prezzo e, sacrificando un po’ di carry, possiamo goderci la carneficina che inizierà in estate. In questa strategia i Bund ce li teniamo belli stretti. Perché, se la BCE fa il QE, glieli scarichiamo tutti a marzo. Se la BCE non fa il QE sono la nostra polizza assicurativa per salvarci dall’Armageddon prossimo venturo.

Ovviamente, prendete questa nostra interpretazione per quel che è. Come dice John Tuld in “Margin call”: “There are three ways to make a living in this business: be first, be smarter, or cheat.” Noi siamo semplici gestori italiani pagati meno di 1/100 (sul serio, non metaforicamente) di quanto venga remunerato A. Balls. E, siccome il mercato si può sbagliare nella magnitudo ma non nel segno, non possiamo essere più intelligenti di lui e men che meno possiamo pensare di ingannarlo. Essendo infinitamente più piccoli, l’unica cosa su cui possiamo contare è la rapidità. Quindi, cari amici, occhio. Gli amerikani si stanno preparando.

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