La ripresa economica stentata a livello mondiale ha indotto le principali banche centrali mondiali ad assumere iniziative particolarmente espansive.
L’acquisto massiccio e senza soluzione di continuità di titoli governativi in Europa da parte della BCE ha dato origine ad un fenomeno nuovo e per certi versi paradossale.
Una percentuale rilevante delle emissioni governative offre rendimenti negativi.
Come è possibile che dopo tanti anni di vita lavorativa e di sudati risparmi la moltitudine dei risparmiatori debba pagare lo stato per parcheggiare in un porto sicuro le proprie disponibilità finanziarie? Si consideri che nel primo trimestre 2016 il Tesoro Italiano ha collocato circa 40 miliardi di Bot a rendimenti negativi. In altre parole i risparmiatori privati e istituzionali hanno prestato allo stato una cifra consistente per 6-12 mesi pagando una sorta di premio al debitore. La generazione dei nostri padri era chiamata “bot people”, come sarà chiamata quella dei nostri figli? Saranno stimolati a risparmiare oppure saranno propensi a vivere alla giornata in mezzo a tante precarietà investendo tutto in consumi!
Il fenomeno dei tassi negativi non è limitato alle aree a breve termine ma si estende anche alle scadenze più lontane. In Giappone la curva dei rendimenti è negativa sino a 10 anni, in Svizzera addirittura sino a 15 anni.
In sostanza se negli anni 70-80 gli stati sovrani emettevano a tassi superiori al 10% in un contesto di inflazione effettiva probabilmente superiore a quella ufficiale, ora, in un ambiente di scarsa inflazione o di deflazione risparmiano sul costo della raccolta non pagando interessi o addirittura incassandoli per il favore che rendono agli investitori di offrirsi in emissione.
Azzardi morali
Un mondo finanziario così caratterizzato può creare profonde distorsioni in quanto da un lato sottrae risorse aggiuntive alle già ridotte pensioni impoverendo ulteriormente il potere di acquisto di una larga fetta della popolazione anziana e dall’altro induce ad assumere rischi inizialmente sottovalutati che si potrebbero rilevare a posteriori particolarmente devastanti. Rischi che potrebbero in assenza di adeguato presidio essere assunti non solo da privati ma anche da istituzionali quali i fondi pensione.
La curva dei rendimenti offre valore sulla cosiddetta area del “crossover” appena sotto l’investment grade ma comporta per il risparmiatore inesperto una incapacità di valutare in termini prospettici la solidità di alcune emissioni societarie. Il rischio di incorrere in default simili ai casi Cirio-Parmalat e via dicendo che in Italia e all’estero abbiamo vissuto negli ultimi 20 anni non è così remoto. Per non parlare del comparto bancario –settore tra i più prolifici nell’emissione di obbligazioni- che a fronte di maggiori rendimenti espone a rischi di bail-in a priori non sempre percepiti.
Un’altra via per rosicchiare rendimenti potrebbe essere quella dell’investimento azionario che paradossalmente offre rendimenti da dividendi superiori ai titoli obbligazionari come dimostrano i principali indici ma a fronte sempre di un rischio latente di correzione -più o meno forte- (si vedano i primi 2 mesi del 2016 con perdite per indice borsistico italiano sino al 26%!!!). I trend degli utili attesi societari accompagnati da una analisi del quadro macroeconomico possono offrire uno spunto se vale la pena rischiare una parte del proprio risparmio in azioni. Sono in grado i piccoli risparmiatori di valutarli? Con quali strumenti possono agire? Certo le attrazioni esistono: il dividend yield della borsa italiana viaggia intorno al 5% circa (ma occorre sempre tener presente il rischio dell’investimento in azioni).
Altra situazione paradossale che si sta vivendo da alcuni mesi è quella inerente ai mutui come recentemente disciplinato da interventi Banca Italia e Ministero. In sostanza laddove il tasso di indicizzazione è divenuto negativo (vedasi l’euribor a 3 mesi che viaggia intorno a -0,30% circa) il tasso applicato ai mutuatari potrebbe scendere sotto lo zero con la conseguenza che la banca mutuante a cadenze periodiche dovrebbe da un lato vedere rientrare una quota in conto capitale e dall’altra dovrebbe riconoscere come premio al cliente debitore un interesse!!! …..il problema che sta sorgendo è se sarà da sottoporre a ritenuta fiscale questo bonus imprevisto, paradosso nel paradosso!
Speriamo che i governanti e i manager delle principali società private emittenti bond facciano tesoro di questa fase storica unica ed eccezionale gestendo in modo oculato le risorse raccolte e finalizzandole ad investimenti produttivi.