Non lasciatevi ingannare dal titolo. In molti in questo momento sono già stati piegati dalla crisi e sarebbe un insulto chiedere a queste persone qualche sforzo aggiuntivo, anche solo mentale.
Occorre però considerare come molti dei problemi in cui ci stiamo dibattendo in questo periodo siano frutto di rigidità mentale e di approcci poco pragmatici. Tendenzialmente sono tutti capaci a difendere a gran voce le proprie istanze (vedasi ad esempio il dibattito sull’uscita dall’euro), ma quando si tratta di prendersi delle responsabilità e passare all’azione, la folla degli urlatori tende inesorabilmente a disgregarsi.
E questo accade non solo quando si tratta di temi economici o policiti, ma anche culturali e religiosi. Basti pensare al caos mediatico nei giorni successivi all’attentato di Parigi. I media (sia tradizionali che social) si erano trasformati in piccoli campi di battaglia dove a suon di post e dibattiti si giocava al tutti contro tutti.
La vicenda è sicuramente molto complessa, le soluzioni tutt’altro che banali, ma avete notizia di qualcuno che alla fine sia passato ai fatti?
Ecco, per trovare un esempio di reazione flessibile e pragmatica ad un problema complesso ci è venuto in mente quanto recentemente accaduto in Lussemburgo. Abbiamo già affrontato la questione Luxleaks, ma in questo caso non si parlerà di tax ruling, segreti bancari, etc, ma di un accordo raggiunto in questi giorni tra il Governo e i culti religiosi.
Un accordo che assume contorni ancora più interessanti se si pensa che interviene a modificare un assetto atavico, risalente addirittura al Concordato Napoleonico dei primi anni del 800. Quello che conferiva alla religione cattolica un ruolo di assoluta centralità. E lo fa in questa fase storica. Proprio questa in cui è assolutamente importante farlo. Conferma il solito pragmatismo di Stato che al dibattito fa seguire le azioni di Governo per dare risposte concrete a problemi importanti che richiedono soluzioni urgenti. Problemi davanti ai quali non ci si puo’ sottrarre nel nome di una tradizione del passato che non trova piu’ riscontro nella realtà del presente. Quegli stessi argomenti che in altri Paesi d’Europa sono affrontati con discussioni-fiume, talvolta sterili e retoriche, spesso piene di pregiudizi, raramente davvero efficaci. E per niente ispirate a quel metodo cosi’ tanto decantato in economia: il metodo della flessibilità, appunto. E questo è vero indipendentemente dal fatto che forse alcuni Paesi Europei sono persino andati oltre nel riconoscimento della libertà religiosa.
In estrema sintesi, il nuovo accordo si ispira all’idea che l’espressione religiosa non debba mai essere un ostacolo all’integrazione delle culture e che l’integrazione delle culture a sua volta non debba limitare la legittima manifestazione del proprio credo. Si conferma il principio secondo cui la Religione debba appartenere al rango nobile dei diritti della persona nella convinzione che, quando vissuta secondo i veri principi che la ispirano e quando è il risultato dell’autodeterminazione dei cittadini, è sempre fonte di arricchimento per un popolo, anche, e forse soprattutto, quando si manifesta nella varietà delle diverse confessioni. Lo Stato si eleva a garante super-partes, neutrale verso i culti religiosi e separato da essi per evitare qualsiasi tipo di ingerenza. L’entità dei finanziamenti si ridurrà nel tempo di circa il 70%, determinando un importante sollievo per il bilancio dello Stato lussemburghese. Per la Chiesa Cattolica i trasferimenti si contrarranno di quasi il 75%. Il Culto Musulmano beneficerà per la prima volta in assoluto di una convenzione con lo Stato. Comunità Ebraica, Chiesa Protestante, Chiesa Anglicana e Chiesa Ortodossa completano le religioni a cui si estenderà la convenzione. L’accordo prevede infine che ciascuna comunità debba costantemente impegnarsi per isolare ogni membro che agisca o esorti ad agire in violazione dell’ordine pubblico, dei diritti dell’uomo e dell’eguaglianza di trattamento, pena la sospensione immediata dei trasferimenti statali.
Un principio semplice, di buon senso, pratico e lungimirante. Un primo passo nella giusta direzione. Perche’ lo sviluppo economico si persegue anche e soprattutto con il dialogo e l’integrazione. E l’integrazione si fa con i fatti, non con le parole. E allora serve la flessibilità. Quella culturale. Oltre a quella economica. Perchè il metodo, alla lunga, è piu’ importante del risultato.