WELTASCHAUUNG RENANA: DEFLAZIONE “BUONA” e TANTO “TOUGH LOVE APPROACH” … di cui faremmo volentieri a meno!

E’ incredibile come nei momenti critici i caratteri nazionali emergano e anche nelle discussioni più impegnate si finisca per sfiorare il macchiettistico. Oggi sul FT è apparso un articolo serio, a cura di un economista tedesco, in cui l’autore critica la decisione della BCE di tagliare i tassi. E’ difficile muovere una critica a Draghi quando la disoccupazione sta scalando nuovi massimi storici e l’inflazione continua invece a scendere. Ed è ancora più difficile sostenere che esista una deflazione “buona”, dopo che anche i disciplinatissimi giapponesi, esasperati da 20 anni di tanta grazia, stiano tentando disperatamente di uscirne con manovre degne di un’isola caraibica. Ma, dopo aver subito le dure critiche del Tesoro americano e ormai in minoranza anche tra i falchi del Nord Europa, questo economista si è sentito in dovere di difendere l’onore dell’ortodossia Bundesbank e l’ha fatto punteggiando le sue argomentazioni con un lapsus freudiano stupendo, quello del “tough love approach”.

Comunque, cerchiamo di prendere sul serio l’autore e rispondiamo alle sue argomentazioni in maniera seria (ma non troppo … in fin dei conti siamo italiani e anche noi dobbiamo rispettare lo stereotipo della dissacrazione).

Per chi ha avuto la sfortuna di sperimentare il contesto economico degli anni ’70 e ’80, è difficile digerire l’idea che l’inflazione sia una buona cosa e la deflazione sia al contrario da combattere. Soprattutto in Italia, vista l’esperienza fatta in tempi più recenti con il passaggio all’euro, è difficile immaginare che la casalinga di Voghera si rattristi al pensiero di prezzi in calo. Quindi, la casalinga di Voghera potrebbe a questo punto applaudire all’economista tedesco. Ma è troppo presto per cantare vittoria nella lingua di Goethe.

Coloro che pensano che la deflazione vada combattuta partono dalla constatazione che i tassi d’interesse possono essere ridotti e al limite azzerati (oggi il tasso base della BCE è pari a 0,25%) ma non possono diventare negativi, perlomeno non molto negativi, se no i risparmiatori ritirano i soldi dalle banche e li mettono sotto il materasso. Questo significa che se l’inflazione diventa deflazione (come per esempio è successo in Giappone dopo lo scoppio della bolla immobiliare degli anni ’80), i tassi nominali non possono più seguire al ribasso la dinamica dei prezzi e il tasso “reale” (cioè la differenza tra tasso nominale e tasso d’inflazione) diventa sempre più elevato, strozzando l’economia. In una situazione di deflazione chi ha debiti (come l’Italia) si trova in difficoltà nel ripagarli e quindi si riducono gli investimenti. Minori investimenti, significano minori consumi. Minori consumi implicano fallimenti più numerosi. Fallimenti più numerosi implicano meno credito all’economia …. e così il sistema si avvita in una spirale negativa che si auto-alimenta. E se si è ricchi come il Giappone, poco male. Ma, se si è poveri come la Grecia, ci vuole un bel coraggio a parlare di deflazione “buona”.

E il problema è che quando si piomba in deflazione è difficile uscirne con gli strumenti convenzionali di politica economica. La politica monetaria diventa inefficace (i tassi non possono essere abbassati sotto zero) e la politica fiscale è rischiosa perchè il finanziamento con debito può facilmente diventare insostenibile. Ecco perchè le banche centrali sono ossessionate dalla deflazione e fanno di tutto per evitare di caderci dentro. Questa perlomeno è l’idea della FED di Bernanke e della Yellen, della BCE di Draghi e soprattutto della Bank oj Japan che l’ha sperimentata in prima persona.

Il trasferimento di risorse dai produttori/debitori ai consumatori/risparmiatori implicito nella deflazione rischia quindi di diventare come la distribuzione delle fette di una torta che ad ogni giro si restringe sempre di più. Alla fine sarà una ben magra consolazione per la casalinga di Voghera constatare che il prezzo della bistecca è sceso, ma non ha più i soldi per comprarla perchè il marito è stato nel frattempo licenziato.

Si critica apertamente la decisione della BCE di abbassare i tassi, perchè la deflazione che stiamo sperimentando noi italiani, spagnoli, … non è “cattiva” come quella giapponese, ma “buona” perchè accresce la nostra competitività.

Però, a parte la superficialità dell’analisi (e la scarsa conoscenza dei problemi della periferia, la cui crisi è stata attribuita genericamente ad un “private debt overhang”), c’è una espressione che lascia trasparire in una sorta di lapsus freudiano il rapporto tra l’elite tedesca e la politica economica: “tough love approach”. L’autore si riferiva alle banche …. ma qui sulle sponde del Mediterraneo il messaggio è arrivato forte e chiaro.

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